Il Signore ti dia pace!

Il Signore ti dia pace!

Il paradiso sulla terra


“Il Signore ti dia pace” è il saluto che s. Francesco donava alla gente e faceva trasmettere ai suoi frati. Se oggi ci si incontra per strada, si usa fare smalltolk, cioè si parla del più e del meno, del tempo atmosferico come anche dello sport o degli interessi culinari. S. Francesco invece pensò bene di non sprecare tempo e di regalare a tutti un saluto foriero di un dono molto raro e prezioso: la pace. Ancora oggi quel saluto è per noi francescani usuale, anche se un po’ modificato in “Pace e bene”. Curiosa però è talvolta l’espressione stupita e smarrita di chi lo ascolta. Sì, perché la pace interessa tutti, ma non sembra così facile trovarla. A volte ci illudiamo che solo possedendo ciò che ci manca giungeremo a godere finalmente la pace, ma poi siamo costretti ad alzare il tiro e a spostare il desiderio su qualcos’altro, ahimè senza tregua. S. Agostino, dopo una lunga e travagliata ricerca, approdò finalmente al segreto della pace: “Il nostro cuore non trova pace finché non riposa in te” (Sant’Agostino, Le Confessioni, I, 1, 1). È in Gesù che troviamo pace, è lui che ce la può dare e ci ha assicurato che la sua pace non è come quella che dà il mondo. Il mondo ti chiama a vagare fuori di te per cercarla e l’itinerario della tua vita viene così cadenzato da tanti bagliori che ti attirano per un po’, ma poi in bocca ti lasciano un non so che di amaro, misto a delusione e a tanta sete, con la sensazione che più ti butti nelle cose, più la tua persona si va disgregando. Il Signore, creatore di tutte le cose, ti fa godere di ogni bene creato, ma nello stesso tempo ti insegna a non rimanere prigioniero delle cose. Tutto nel suo disegno di salvezza è orientato a farti entrare in un bene più grande, nella piena comunione con lui. Egli vuole divenire con te una cosa sola, vuole unirsi a te, vuole comunicarsi a te completamente, vuole farti sperimentare l’ebbrezza del suo amore. Ma come? Dio è onnipotente e può toccare con la sua grazia il cuore dell’uomo in ogni momento, ma la via maestra e ordinaria è la preghiera: la pace è un dono di Dio e dunque a lui ci dobbiamo rivolgere. Cos’è la preghiera per te? L’esperienza mi dice che la maggior parte dei giovani non sanno fare neppure il segno della croce e non conoscono una preghiera a memoria. A volte provvidenzialmente nei loro ricordi affiora una nonna o un nonno che hanno visto pregare. Io ho avuto la grazia da bambina di vedere il cambiamento dei miei genitori che, pur cristiani da sempre, furono toccati profondamente da un’esperienza di Dio tramite un movimento sorto nella Chiesa ormai 50 anni fa: ricordo che capivo che per loro era importante pregare e pregare insieme. Si chiedevano che cosa volesse il Signore da loro, ascoltavano la sua parola con attenzione e con cuore libero, invocavano con fede lo Spirito santo. Insomma, un insegnamento di vita più importante di molte parole. La preghiera è incontro con Gesù, l’amato, l’amante. Dio si è riservato una sua dimora in ciascuno di noi, nel centro più profondo della nostra anima. Noi siamo dimora di Dio ma la sua presenza non si impone, perché egli ti lascia libero. Come fiorirebbe la nostra vita se imparassimo a parlare con lui, a confidargli ogni cosa, ad affidarci a lui, a chiedere il suo aiuto e tutto questo con grande semplicità! Un giorno, al termine di un incontro di preghiera dove ognuno si esprimeva spontaneamente, un sacerdote anziano che partecipava per la prima volta disse che bisognava stare attenti, perché a parlare così liberamente si potevano dire delle mezze eresie. Io però sono convinta che il Signore non si scandalizza dei nostri piccoli errori teologici, ma che anzi gioisce come una madre che raccoglie i primi balbettii dalla bocca del suo bambino. Se la preghiera non è per te necessaria come l’ossigeno, allora non hai ancora conosciuto colui che ti abita. Penso che il rammarico più grande sia quello di vivere lontani da Dio, perché vuol dire stare lontani dall’amore. In questa condizione veniamo presto a contatto con l’ansia, che ci fa soffrire e che abbiamo spesso l’abitudine di sfuggire per esempio impegnandoci in attività febbrili. Bisognerebbe invece riconoscere l’ansia per quel che è veramente, come afferma Wilfrid Stinissen in “La notte è la mia luce”: il lamento sulla solitudine, sul vuoto esistenziale, sulla separazione da Dio, sulla non conoscenza di Dio, il campanello d’allarme che suona per richiamare alla preghiera e per rimetterci al suo cospetto. 

L’ansia la proviamo non solo quando noi siamo lontani da Dio ma anche quando Dio si avvicina, perché viene a mettere in luce il nostro egocentrismo e a frantumarlo: dobbiamo riconoscere con amarezza che fin dall’ adolescenza ci siamo incapsulati, bloccati, murati in noi stessi, invece di praticare l’amore reciproco, la comunicazione e l’apertura all’altro, che sono il nostro compito sulla terra. E più Dio si avvicina, più noi ci nascondiamo per la paura di dover cambiare. Potessimo finalmente smettere di sfuggire l’ansia e di ingannarci a vivere estraniati da Dio e dal nostro vero essere. Dovremmo piuttosto lasciarla andare senza contrastarla per capire cosa ci sta suggerendo. Forse arriveremo a comprendere che Dio, quel Dio da cui tanto cerchiamo di stare lontano o di tenere a distanza, “alle spalle e di fronte ci circonda e pone su di noi la sua mano” (cfr. sal 139,5). L’ansia svanisce quando accettiamo di vivere nella concretezza della divina presenza, quando ci gettiamo nelle braccia spalancate di Dio che ci viene incontro, senza temere di soccombere ma confidando in lui che è amore. 

E allora nasce la pace, perché finalmente sperimenti e sai di essere amato senza alcun ripensamento, senza alcuna delusione, senza alcun “se” o “ma”.

Così per te si realizzerà la profezia di cieli nuovi e terra nuova: sì, perché la pace che Gesù ti dà ti fa vivere unificato (non più un “io” disintegrato in mille apparenze ma un “io” contenuto nel suo amore sconfinato) e ti libera dalla chiusura in te stesso, facendo fiorire in te capacità nuove di andare verso l’altro, con un sorriso sincero, un semplice gesto, con lo smorzare delle tensioni, con il perdono offerto umilmente, con l’accorgerti che qualcuno ha bisogno di te. Questa unione non è destinata solo alla preghiera. Ora che sei pacificato porterai la pace in tutto quello che fai. La sfida per il cristiano è imparare a vivere sempre uniti a lui, ad affrontare nella pace le sfide quotidiane. Questo ti auguro con l’aiuto della sua grazia. 

* Fratenità Francescana di Betania a Rovio