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Luci e ombre emerse durante gli incontri
Donne e fase diocesana del sinodo
La fase diocesana della consultazione in vista del sinodo sulla sodalità della Chiesa si appresta a terminare. È stata indubbiamente corta, ci sono state difficoltà oggettive per organizzare incontri in diverse parti del Cantone per poter incontrare il maggior numero possibile di donne e le restrizioni del Covid non hanno certo aiutato. Ma è stato anche un momento bello. L’Unione femminile ha proposto e portato avanti una serie di incontri a volte anche modesti, quasi delle consultazioni familiari, dove le voci delle donne sono state raccolte tra una tazza di thè e un biscotto di Natale; a volte più estesi e articolati. Durante alcuni di questi – nel Mendrisiotto ci sono stati due cicli di tre incontri ciascuno – molte sono state le voci che si sono intrecciate e si è voluto mettere a disposizione delle interessate non una semplice finestra di tempo necessaria a compilare un questionario ma (e questo era anche il desiderio espresso da papa Francesco) offrire un momento di incontro e di scambio tra persone che a volte si sfiorano soltanto nel quotidiano. Magari frequentano anche la medesima messa, ma raramente entrano in relazione tra di loro: il pranzo della domenica, gli impegni familiari, la timidezza spesso sono gli ostacoli affinché ciò avvenga.
Grazie a questa consultazione che sta interessando i battezzati di tutto il mondo, anche nelle nostre comunità qualcosa si è dunque mosso. Personalmente ho partecipato a diversi incontri e tutte le volte mi hanno toccato la generosità, l’intelligenza, la passione che emergevano in questi gruppi femminili. Incontri iniziati tutti sempre con una preghiera allo Spirito Santo, perché guidasse e ispirasse i nostri pensieri, facendoli volare in alto. E non ci facesse affrontare le 10 domande poste, come una formalità. Un compito a cui dare delle risposte. Ma ci siamo subito accorte – e questa è sempre stata una costante – che nessuna delle dieci domande corrispondeva a quello che avevamo davvero a cuore. Altre sono le questioni che ci bruciano dentro. Per le catechiste la domanda a ricorrere con maggior frequenza era: “Perché quello che insegniamo con tanta passione, oggi non viene ritenuto importante? Perché le famiglie (tante) riservano all’educazione dei loro figli una fetta così esigua di tempo? Non dovrebbero essere la fede, l’educazione e la conoscenza della fede, il bene più prezioso da tramandare?”. Per le (poche) mamme giovani presenti, invece, il tema era quello di trovare spazi idonei (sicuri, accattivanti, importanti, con la presenza di figure di adulti significativi) per far crescere i loro figli nella fede. Per le mamme un po’ più in là negli anni – la domanda che affiorava con maggior frequenza era: “Dove abbiamo sbagliato? Perché i nostri figli si sono allontanati dalla Chiesa nonostante l’educazione che abbiamo loro dato? Mentre altre ancora si guardavano in giro scoraggiate: ma dove sono le altre donne? Dove le abbiamo perse?”. La voce delle assenti, forse, è stata quella che si è fatta più di tutte, sentire. Sicuramente quella che è risuonata in maniera più dolorosa. Perché molte donne hanno smesso da tanto di frequentare la parrocchia e la messa domenicale. E se ne sono andate. In silenzio. In punta di piedi. Loro non risponderanno a nessun questionario.
Quindi, per riassumere: il questionario ha suscitato in noi donne, più domande che risposte. Domande che volentieri condivideremmo con altri: uomini e donne. Non per ricevere risposte, ma per continuare a crescere nel dialogo.