ARMIDA BARELLI: la “sorella maggiore” diventa beata

ARMIDA BARELLI: la “sorella maggiore” diventa beata

Fondatrice della Gioventù femminile di Ac, una vita spesa con passione per la Chiesa


Il 30 aprile 2022 a Milano viene proclamata beata Armida Barelli.

Una donna che ha lasciato un’impronta significativa nella Chiesa ambrosiana, ma non solo. Una figura conosciuta da molti, ma altresì ancora da scoprire.

La sua storia è inserita pienamente nella Diocesi di Milano, ma attraversa anche la Chiesa tutta. E come spesso accade, lei diventa “una perla nella collana di Dio”: infatti si inserisce come anello in una catena di opere buone tenute insieme da un filo provvidenziale.

Ida, così si faceva chiamare, nasce a Milano nel 1882, in una famiglia borghese facoltosa, nella quale respira valori di onestà, rigore, religiosità.

I genitori tenevano molto che i figli ricevessero un’istruzione adeguata al loro status, per cui dopo aver frequentato scuole pubbliche e private, Armida viene inviata nel prestigioso collegio svizzero di Menzingen, tenuto dalle suore di Santa Croce. Qui riceve una educazione ed una formazione fondamentali per il suo percorso, anche nell’ambito religioso.

In quel collegio entra in contatto con ragazze di tante nazionalità, e inizia ad avvicinarsi al culto del Sacro Cuore di Gesù (a cui la Chiesa dedica una festa liturgica dal 1856).

Dopo aver conseguito un diploma torna a casa, fervente nello spirito e desiderosa di gettarsi appieno nella vita. E pochi anni dopo, morendo il padre, dovrà porsi accanto alla madre nella guida dell’azienda e nella gestione del patrimonio familiare. I suoi interessi quindi sono essenzialmente volti alla famiglia e alla crescita spirituale.

Inizia a partecipare ad alcune iniziative diocesane, sia per la sua personale formazione, sia per aprirsi a embrionali forme di servizio. Si affianca a persone già impegnate in associazioni e attività verso i più deboli.

In quel periodo conosce padre Agostino Gemelli, significativa figura della Chiesa, con il quale nascerà una sinergia di intenti e di realizzazioni di opere.

Nel frattempo Ida entra a far parte dell’Unione fra le donne cattoliche italiane e della Rivista “Vita e Pensiero”.

Nel 1915 diventa terziaria francescana. E inizia sempre più a prendere spazio in lei una scelta di consacrazione a Dio, nella vita ordinaria e nella laicità, in un contesto difficile: con in corso la Prima guerra mondiale e a livello personale un tracollo finanziario della sua famiglia.

La sua attenzione ai bisognosi è sempre forte: oltre ad aiutare poveri della città, si fa carico di Mariuccia, una bimba rimasta orfana, che lei prenderà, con i termini di oggi, in affido.

Intanto la guerra continuava portando morte e distruzione. 

In questo quadro di desolazione Ida inizia un nuovo progetto: la gioventù femminile cattolica in terra milanese, che poi si allargherà per volere del Pontefice Benedetto XV, a tutta l’Italia. Infatti nel 1918, viste le sue doti nel campo organizzativo e il suo fervente senso di religiosità, riceve dal Papa l’incarico di vicepresidente generale dell’Unione fra le Donne Cattoliche d’Italia con il compito speciale di fondare la Gioventù Femminile Cattolica in tutta l’Italia. Cominciano così i suoi viaggi per la fondazione, una città dopo l’altra, un paese dopo l’altro, instancabilmente, da Nord a Sud, per tutta la Penisola.

Ma la sua corsa nella carità è infaticabile e ricca di altri traguardi. Infatti Ida con Padre Gemelli rende possibile la realizzazione di un sogno: fondare una università cattolica. Ecco che nel 1921 nasce a Milano l’Università Cattolica del Sacro Cuore, grazie a una donazione provvidenziale e a tante piccole offerte di cattolici sconosciuti che hanno creduto in questo progetto educativo e culturale. Armida ha voluto con tutte le sue forze che questa istituzione fosse dedicata al Cuore di Gesù, ottenendo anche la giornata annuale per questa università, per raccogliere fondi in tutta Italia.

Ma le iniziative della Barelli non finiscono qui. Lei, con il soffio dello Spirito, collabora con padre Gemelli perché nasca l’Opera della Regalità di nostro Signore Gesù Cristo. Oltre a ciò dà vita alle Oasi, luoghi di spiritualità e fraternità (il primo nacque ad Assisi).

Emblematiche le parole pronunciate da Padre Gemelli: “Niente sarebbe nato né fiorito senza lo zelo, la pietà, l’intelligenza e la vita soprannaturale ispirata della signorina Barelli”

Lei sempre come “sorella maggiore” (così ama definirsi) continua a viaggiare per portare il suo sostegno a tutte le ramificazioni delle “sue” associazioni.

Intanto altre pagine scure della Storia stanno scorrendo: siamo negli anni dell’avvento del fascismo (con scelte anti ecclesiali e con la chiusura di associazioni religiose) e poi dello scoppio della seconda guerra mondiale. 

Nel 1943 delle bombe distruggono gli uffici dell’Università Cattolica, e altre parti dell’edificio che ospitava l’opera della regalità di N.S. Gesù Cristo, “Vita e Pensiero”, perdendo scritti delle associazioni e suoi personali.

Con la fine della guerra l’attività di Armida riprende a pieno regime, fino a quando le si presenta un grave problema di salute: la paralisi bulbare progressiva, che la porterà alla morte il 15 agosto 1952, a Marzio in provincia di Varese, poco lontano dal confine elvetico.

Inizialmente viene tumulata nel cimitero del paese, dove lei ha vissuto lunghi periodi nella casa familiare, ma in un secondo momento la sua salma fu traslata a Milano, nella cripta dell’Università Cattolica, dove ancora oggi si può visitare.

Nel 1989 una donna di Prato subisce un incidente che farà temere per lei. I familiari chiedono l’intervento prodigioso di Armida Barelli. La loro parente si riprenderà immediatamente e perfettamente, senza conseguenze. Questa guarigione viene riconosciuta dalla Chiesa come miracolo valido per la causa di beatificazione.

Cosa impariamo da questa donna del secolo scorso? (Anzi che ha attraversato due secoli, vista la sua nascita a fine Ottocento).

Innanzitutto, che lo Spirito Santo accompagna le nostre vite e ci conduce dove Lui vuole, basta solo affidarsi.

È bello pensare ad una donna che ha saputo dire la sua anche se il contesto sociale ed ecclesiale di cent’anni fa non era ancora aperto a tali novità. Ma la sua “testardaggine” forse era segno del volere divino.

Questa storia di vita, incarnata pienamente nella Storia locale e internazionale, trova nel nostro presente dei germogli e dei frutti che provengono da semi messi nel passato. Come non pensare alla presenza nella nostra realtà dell’Unione Femminile Cattolica Ticinese che è espressione di un Disegno nato cent’anni fa, ma che ha da dire ancor oggi una parola di speranza e di senso al nostro tempo?


BeataBarelli