Buone e abbondanti nuove mietiture

Buone e abbondanti nuove mietiture

Il terreno e la cura in cui sono coltivati e crescono i raccolti


Che cosa si può augurare per il compleanno di una storica testata che si chiama Spighe? L’auspicio, che è anche speranza e convergenza di tante volontà, è che la simbolica spiga di frumento – con tutti i molti, positivi e fertili significati di questa metafora – continui a rappresentare abbondanza di chicchi, quindi di grano e di quel pane che serve ad alimentare il pensiero, l’interiorità, la madia dello spirito. 

Oggi viviamo una certa ipertrofia di comunicazione, al punto che spesso si rischia o si cade nel disorientamento, nella confusione. E non a caso siamo sotto una pioggia ininterrotta di “false notizie”. Da cent’anni Spighe è volutamente fuori da questo vortice, perché chi l’ha voluta ha tracciato il solco in cui far crescere e produrre il seme lanciato. Che è la fedeltà, virtù piuttosto in sofferenza, alla certezza piena della “Buona Notizia”, che è il Vangelo. Il seme è la parola, che produce poi le Spighe, quindi i frutti. Il contadino, quando esce per la semina, non sa come andrà la stagione e cosa, quanto, come crescerà ciò che sparge con gesto antico nel terreno. Con la fiducia di sempre si affida a Chi sta sopra e governa i giorni. Non ci sono certezze: c’è tutta la cura necessaria e che è nella sua esperienza e nelle sue mani, poi c’è l’affidamento confidente che viene dal discernimento, dalla tranquilla consapevolezza di aver fatto tutto il necessario.

Chi ha voluto e portato a produzione Spighe lo ha fatto con questo saldo convincimento. I raccolti, in questo campo, sono impossibili alla pesa, ma c’è il conforto di oltre duemila anni di garanzia. Ed è bello, per dirla con Blaise Pascal, avere la sicurezza che nonostante le tempeste, i venti contrari, gli sballottamenti, la nave della Chiesa mandata a prendere il largo dalla lontana Galilea prosegue nella sua missione.

Verde è l’infiorescenza della spiga, prima che biondeggi al vento verso la maturazione. Di colore verde è anche l’augurio da esprimere per il cammino che si apre a Spighe in questo ventunesimo secolo, con tutta la rivoluzione portata da internet e dai social nel fare informazione ma, ancor più, formazione. C’è voluto del coraggio, all’indomani del primo conflitto mondiale, nell’affidare al futuro un’iniziativa editoriale che ha attraversato il Novecento, varcandolo fino ad oggi. 

Verde è anche il colore della speranza. C’è una paraboletta illuminante che mi piace ricordare sul tema dell’attesa del meglio, che si rinnova ogni giorno, fino all’ultimo nella vita di ogni persona. 

In una stanza silenziosa c’erano quattro candele accese. La prima si lamentava: “Io sono la pace. Ma gli uomini preferiscono la guerra: non mi resta che lasciarmi spegnere”. E così accadde. La seconda disse: “Io sono la fede. Ma gli uomini preferiscono le favole: non mi resta che lasciarmi spegnere”. E così accadde. La terza candela confessò: “Io sono l’amore. Ma gli uomini sono cattivi e incapaci di amare. Non mi resta che lasciarmi spegnere”. All’improvviso nella stanza comparve un bambino che, piangendo, disse: “Ho paura del buio”. Allora, la quarta candela disse: “Non piangere. Io resterò accesa e ti permetterò di riaccendere con la mia luce le altre candele: io sono la speranza”. 

Ecco il terreno, già ben coltivato in questo secolo, che ora attende le nuove stagioni di Spighe. Buone e abbondanti mietiture!