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Desiderio desideravi
La bellezza e la verità del celebrare cristiano
Desiderio desideravi, sono parole di Gesù, che esprimono il suo grande desiderio di mangiare la cena pasquale prima della passione, per lasciare ai discepoli il grande dono dell’eucaristia. Con le stesse parole, Papa Francesco inizia la sua recente lettera apostolica, e dichiara la sua intenzione: “desidero raggiungere tutti per condividere con voi alcune riflessioni sulla Liturgia, dimensione fondamentale per la vita della Chiesa. Il tema è molto vasto e merita un’attenta considerazione in ogni suo aspetto… Voglio semplicemente offrire alcuni spunti di riflessione per contemplare la bellezza e la verità del celebrare cristiano”. Si tratta della liturgia, la cui riforma è stata uno dei risultati maggiori del concilio Vaticano II; ma anche uno dei più grandi motivi di divisione. Francesco, che propone una riflessione ampia, è anche mosso, senza dubbio, dalle divisioni intorno alla liturgia e soprattutto circa i riti della messa. In parole semplici: il papa è preoccupato dalla situazione che si è creata, soprattutto in alcuni paesi, dal rifiuto della liturgia rinnovata dopo, ma anche, senza dubbio, su impulso del Vaticano II nelle dichiarazioni più importanti (quella relativa alla natura della Chiesa, quella sulla rivelazione che rimette al centro la Parola di Dio).
Per quanto riguarda le celebrazioni liturgiche ci sono opposizioni, confusioni, eccessi, e purtroppo divisioni. Molti rimpiangono le forme precedenti dei riti: si dimentica la loro inadeguatezza, e si dimenticano certe situazioni non sostenibili. Chi ha più di 70 anni ricorda che alla messa più “importante” (messa grande) non si comunicava; durante la celebrazione eucaristica mentre il celebrante pregava, i fedeli “dicevano” privatamente il rosario o leggevano qualche libro di devozione. Quelli che rifiutano la riforma dicono che allora la liturgia era più “bella”, più solenne. In realtà c’era chi celebrava bene allora, chi male e in fretta; proprio come oggi dove è possibile partecipare a celebrazioni belle, come ad altre brutte. Tuttavia, non si può negare un dato che marcava la liturgia nella forma precedente: sembrava un fatto, un evento che interessava soltanto il celebrante (davanti a una comunità passiva).
Purtroppo, si sentono o si leggono affermazioni strane (in realtà sbagliate): “la messa di prima è quella celebrata dagli apostoli”; quella è veramente la “messa di sempre”. Non c’è “una messa di sempre”; la memoria della cena di Gesù ha conosciuto, su uno schema comune, molte variazioni. San Giustino, dell’epoca successiva a quella degli apostoli, descrive molto bene la prassi delle prime generazioni: nel giorno del Sole (domenica) la comunità si riunisce; c’è una prima parte del rito dedicata alle letture, ci sono le preghiere, c’è la grande preghiera di chi presiede (il canone), la comunione, il pane consacrato portato agli assenti ammalati e i beni raccolti distribuiti ai poveri. Questo è lo schema di sempre, mentre le forme e i modi hanno conosciuto tante diversità, nei secoli e nelle diverse culture. La liturgia del Vaticano II è bella, voluta di nobile semplicità: è quella che ci è donata dalla e nella Chiesa, quella a cui Papa Francesco richiama. Memoria di Gesù, che è anche sacramento dell’unità.