EDUCARE ALLA GRATITUDINE

EDUCARE ALLA GRATITUDINE

La capacità di riconoscere il bello in noi, negli altri e nella vita


“Mi viene in mente quel dialogo tra la quercia e il mandorlo. La quercia disse al mandorlo: Parlami di Dio. E il mandorlo fiorì” (Papa Francesco, 2 ottobre 2017)

Dio ci aspetta, come un mandorlo fiorito sul confine dell’inverno. Di fronte alla sua attesa, la gratitudine è la risposta immediata della nostra anima.

Scriveva Goethe che “Non esistono uomini che siano allo stesso tempo eccellenti e anche ingrati”. Tra le passioni del cuore, la gratitudine è quella che ci eleva maggiormente e che migliora chi ci è vicino. Ecco un breve dialogo che si ritrova in Internet:

  • Mamma?
  • Sì? 
  • “Grazie” è una parola magica?
  • Perché, tesoro?
  • Perché quando dico grazie tutti mi sorridono.

Numerosi studi, in particolare nell’ambito della scuola americana della “Psicologia Positiva”, dimostrano come coltivare un atteggiamento di gratitudine renda più felici le persone.

Non è facile, in questi tempi di pandemia, considerarsi fortunati; ma la gratitudine va coltivata soprattutto nei momenti difficili, proprio perché ha un ruolo protettivo e dona benessere, e quanto ne abbiamo bisogno!

Ben vengano allora tutte le proposte didattiche che da qualche anno sono realizzate nelle nostre scuole, a partire dalle elementari, di “Educazione alla gratitudine”. Tra i percorsi suggeriti, si invitano i bambini a contare le proprie fortune, a scrivere una lettera di ringraziamento a una persona, a tenere un “Diario della gratitudine”.

Diamo troppe cose per scontate. Forse fermarci ci sta dando la possibilità di ritrovare, nel groviglio delle preoccupazioni per il futuro, qualche frammento di consapevolezza di quanto di positivo la vita ci abbia portato finora, di quanti dolori ci abbia risparmiato.

Il filosofo Seneca sottolineava che “La memoria è labile nel ricordare i benefici, ma tenace nel ricordare i torti”. Purtroppo spesso cogliamo negli altri, e a volte anche in noi, una scintilla di veleno in cerca di bersagli; svisceriamo presunti o veri torti imperdonabili che qualcuno ci ha fatto, e ci rimuginiamo tutto il giorno. Fatte salve le legittime rimostranze di chi davvero soffre per una perdita, l’invidia verso gli altri, il rancore verso la vita, non migliorano la nostra condizione.

Qualche volta occorrerebbe fermarsi e concedersi di guardare indietro, ammirare tutta la strada che abbiamo percorso, i fiumi guadati e le montagne salite; e dalla cima di noi stessi percepire che si può essere felici, proprio qui e proprio ora, anche se il dolore non è passato del tutto. Allora ci diventano cari anche i giorni in cui abbiamo attraversato tratti sconnessi, densi di buche, perché ci ricordano la forza che ci abbiamo messo, anche se di forza pensavamo di non averne più.  

Come era solito dire Steve Jobs, l’informatico statunitense creatore dell’Apple Computer Company e degli odierni iPhone e iPad, “Non potete sperare di unire i puntini della vostra vita guardando avanti, potete farlo solo guardandovi alle spalle: quindi dovete avere fiducia che, nel futuro, i punti che ora vi sembrano senza senso possano unirsi”.

E chissà che alla fine i frammenti della nostra vita non si uniscano nelle linee di un mandorlo fiorito…