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Eulabeia!
Una parola tieni ben stratta nella tempesta
Eulabeia. Accogli ogni cosa come fosse un bene. La prima volta che incontrai questa parola, espressione dell’antica saggezza greca, fu come l’accendersi di una luce: accetta, non lottare con la vita, prendila così come arriva. Eulabeia era un’esortazione che il Cardinale Martini ci rivolgeva in un’intervista del 2008; se lui aveva accettato tutto quello che la vita gli aveva portato, compreso il Parkinson, come un bene, ecco, quella era la strada indicata. Quello che avrei capito solo col tempo era che la serenità che deriva dal dare ragione alla vita non è un dono, è una conquista, un percorso, che richiede anche fatica, perlomeno per me è stato faticoso. Ora, dalla serenità conquistata della mia vecchiaia (o post-gioventù…), posso dire che la vita ha ragione, anche quando ti tratta male. La vita è buona, soprattutto con quelli che tratta male: dà sempre la possibilità di vedere come siamo stati capaci di andare oltre quel male. “Dio non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande” (A. Manzoni, I promessi sposi). La vita è una ruota. A volte, val la pena prendersi la parte peggiore all’inizio, e poi non sbattersi tanto a lamentarsi, solo, aspettare che i tempi cambino. Per ogni volta in cui ti sei chiesto “Ma io, cos’ho fatto di male?” ne è poi seguita una in cui ti sei di nuovo stupito della misericordia della vita. L’accettazione di qualcosa di negativo, o che tale ci paia, ha a che fare col tempo; necessita del formarsi di ragioni che sappiano coinvolgere anche il cuore; l’accettazione di aver perso qualcosa non sempre passa dal sostituirlo con qualcos’altro. Ci sono cose che non possono essere sostituite, e allora subentra la gioia di averle avute e la riconoscenza, la gratitudine verso la vita che ci si è mostrata in tutta la sua bellezza. Tutti conviviamo con le nostre mancanze; crediamo siano la mancanza di un amore, di una persona, di un impegno, di un lavoro particolare. In realtà, come scrisse il Cardinal Martini, “Anche raggiungere fisicamente la terra promessa non significa saziare la nostra attesa. Si rimane sempre, come rimase il popolo intorno a Mosè, nell’anticamera del desiderio” Ricorda Marco Garzonio, profondo conoscitore del Cardinale, che egli aveva dovuto spogliarsi di un desiderio dell’io fortissimo, quello di concludere la sua vita a Gerusalemme. La vita fluisce con tante interruzioni, con tante “fini di epoche”. Sta a noi imparare a indugiare nelle terre di mezzo, nell’ attesa che qualcosa o qualcuno si presenti a noi. In fondo, se ci voltiamo indietro, le cose più importanti non le abbiamo mai cercate, sono arrivate da sole. E, a volte, i doni più belli li abbiamo avuti da coloro che consideravamo nemici, a volte chi ci ha aiutato di più è chi prima ci ha fatto soffrire maggiormente. Allora val la pena, come ci ricorda Papa Francesco nel 6° capitolo della sua Enciclica “Laudato sì”, “spezzare la logica della violenza e dell’egoismo… lasciandoci aperti alle molteplici possibilità che offre la vita”. E piano piano i nostri pensieri si schiariranno, e troveremo un altro modo di guardare al mondo, rivalutando diversamente il nostro passato e predisponendoci ad amare tutto ciò che verrà. Eulabeia: solo questa parola tieni stretta nella tempesta, ne verrai fuori.