Fratelli sì, uguali no

Fratelli sì, uguali no

L’essere in comunione va costruito giorno per giorno


Il ritornello di un canto che amavo molto nei tempi in cui ero una giovane di Azione cattolica, faceva: “Oh com’è bello e gioioso stare insieme come fratelli”. Guardo i miei figli, ripenso a com’eravamo io e mio fratello, e mi interrogo su cosa significhi veramente “essere come fratelli”, stare in comunione. 

Non si tratta di essere uguali o di pensarla allo stesso modo. Vedo i miei figli e benché siano cresciuti nello stesso ambiente, sono fratelli sì, ma uguali no! Le parole chiave che caratterizzano il loro stare assieme, oltre ai battibecchi, sono l’accoglienza (nonostante tutto) e il dialogo. 

Guardandoli capisco che essere diversi non è “sbagliato”, ma fondamentalmente una ricchezza. Diverse capacità e caratteristiche che si possono unire, in un mutuo supporto, guardando nella stessa direzione, condividendo gli ideali. 

Essere comunione è questione di presenza: io ci sono! Ma come ci sono? Solo con il corpo o anche con la testa e con il cuore? Qual è lo stile della mia presenza? Come mi relaziono con l’altro? Con mio marito, i miei figli, il collega di lavoro o quel tipo che mi ha “rubato” la precedenza mentre mi recavo al lavoro? 

Costruisco la comunione momento per momento, incontro dopo incontro? Creo comunione nella società, nella mia comunità, nel mio quartiere? C’è spazio per tutti, ognuno con il suo carisma, con la sua bisaccia carica di vissuti ed esperienze, con tante o poche risorse. “Ogni cosa che facciamo è come una goccia nell’oceano, ma se non la facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno.” (Madre Teresa di Calcutta)

Essere in comunione è accogliere e condividere; verbi che non hanno nulla di statico. Lo stiamo vedendo bene nelle azioni di supporto al popolo ucraino, scaturite in questo triste momento storico, in cui la guerra è prepotentemente tornata in Europa. Se in quei territori sono i cannoni a far sentire la loro voce, nel resto del mondo è unanime la condanna alle atrocità commesse e immensa la catena di solidarietà che si è messa in moto in supporto, in risposta alla richiesta di aiuto. Dai gesti più modesti a quelli più generosi, secondo la possibilità di ognuno, tutti importanti. Essere in comunione è un incontro fra vissuti differenti, diverse culture, diverse storie. 

La preghiera è un’ottima risposta di fronte all’incertezza del momento, alla sofferenza. Siamo amati da Dio in Cristo e abbiamo la certezza che nessuna sofferenza ci separerà da Lui. Dio è sempre al nostro fianco e imparando a pregarlo nella sofferenza e lodandolo nella gioia, impareremo a stare in comunione con Lui (e fra di noi). 

“Cristo ha unificato tutto in Sé: cielo e terra, Dio e uomo, tempo ed eternità, carne e spirito, persona e società. Il segno distintivo di questa unità e riconciliazione di tutto in Sé è la pace. Cristo «è la nostra pace» (Ef 2,14). L’annuncio evangelico inizia sempre con il saluto di pace, e la pace corona e cementa in ogni momento le relazioni tra i discepoli. La pace è possibile perché il Signore ha vinto il mondo e la sua permanente conflittualità avendolo «pacificato con il sangue della sua croce».”. (EG, 229)