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I giorni grandi per onorare i ricordi
Novembre si apre con il mattino dei santi e la sera dei defunti
l prossimo mese, novembre, si apre tradizionalmente con due date che sono nel cuore della nostra gente, per memoria e gratitudine: il giorno di tutti i santi e la commemorazione dei defunti. Tre anni di covid ci hanno portato a riflettere sulla fragilità umana, sulla sofferenza fatta esplodere su tutto il pianeta e sullo squarcio di vuoti lasciati da persone vicine a noi per parentela, amicizia o conoscenza. La morte – con il ragguaglio quotidiano sul numero dei decessi, aggiornato quotidianamente – non è mai stata così incombente.
In genere, se non c’è un lutto che ci lambisce, tendiamo a rimuovere questa triste realtà ineludibile, sperando sempre che sia il più in là possibile. Le cronache dal febbraio 2020 a tutt’oggi, sia pure in misura per fortuna molto abbassatasi, ci hanno imposto in ogni notiziario il mestissimo bollettino. Ed è stato per i più un impatto duro, anche tremendo per le modalità in cui gli addii non solo c’erano, ma per come avvenivano. Ci siamo dovuti accommiatare per lunghi, interminabili mesi in forme mai sperimentate prima, fra desolanti e al tempo stesso strazianti solitudini, con numero limitato di familiari al seguito dell’urna, in chiesa (quando possibile, dato che a lungo sono state anche chiuse) o al cimitero. Pagine di annunci funebri sui giornali: unico, distaccato mezzo per poter esprimere sentimenti di condivisione.
Per comprensibili e giustificate disposizioni delle autorità ai fini di prevenire per quanto possibile il contagio, abbiamo dovuto assistere da remoto a distacchi contingentati da persone che a vario titolo si sono spese per la comunità e avrebbero meritato una partecipazione di popolo come segno di riconoscenza e anche di conforto ai congiunti. Se ne sono andati in uno spettrale silenzio, talvolta senza neppure una benedizione. Questo è equivalso alla negazione della relazione. Ed è stata anche la caduta di quel minimo di rispetto che ci dev’essere comunque e sempre per la dignità della persona, pur comprendendo bene che la salute è un bene da salvaguardare ad ogni costo, anche con proibizioni.
Il nostro vivere è fondato sulla relazione, che è nel DNA della persona. La mancanza di relazioni è come la mancanza di linfa per una pianta. Ci è toccato vivere nelle nostre interiorità lo sfregio di non poter recare un fiore come ultimo segno di vicinanza, stima, affetto e gratitudine. Il morbo ignoto, misterioso e variante venuto da lontano si è portato via gli archivi storici viventi di una generazione. Ci ha però anche fatto capire quanto sia di sostegno, per chi rimane, la prossimità con i sentimenti che ne sono il lievito. I funerali coatti nei giorni cupi del lockdown da coronavirus hanno anche aiutato a comprendere, di riflesso, sia pure nella loro dirompente evidenza, quanto contino i gesti, i riti, il calore umano, la solidarietà e, ora che sono di nuovo possibili, una stretta di mano, un abbraccio, la tenerezza di un bacio sulle guance. Siamo persone e abbiamo bisogno anche di certe manifestazioni, specialmente in taluni momenti che sembrano la fine di tutto. Non a caso Turoldo preferiva parlare di “defunti”, che è il venir meno di una funzione, il vivere, per entrare in un’altra dimensione, con la quale si è dovunque: per chi parte e in chi resta. È la strada maestra della fede, che è sostanziata dalla speranza.
Esistono eredità preziose e durature di opere e di esempi. Ho trovato illuminanti le parole scritte per accompagnare il transito di una mamma e nonna, Lucia Mignani. Forse le aveva scritte lei stessa e dicevano: “Il richiamo della morte è anche un richiamo d’amore. La morte è dolce se le facciamo buon viso, se la accettiamo come una delle grandi, eterne forme d’amore”. E l’annuncio di famiglia aggiungeva: “Si è spenta serenamente nella sua casa a Prato Sornico la nostra cara mamma e nonna. Cara Mix, sei stata per tutti noi un grande esempio di forza, saggezza, amore. Ora sei una carezza leggera che ci avvolgerà ogni sera nella magica atmosfera del tramonto”. Questa è la traiettoria più bella e nitida, che va dalla terra al cielo: ci insegna a vivere e anche a ritrovare chi ci ha lasciato, lassù, nel firmamento, dove vanno a brillare quelli che abbiamo amato.