Il contributo delle donne è fondamentale per la Chiesa

Il contributo delle donne è fondamentale per la Chiesa

L’omelia del vescovo Valerio a Camperio per i cento anni dell’UFCT


“Mentre ricordiamo il passato, ricordiamo questi cento anni particolarmente luminosi di testimonianza femminile del Vangelo, ci diciamo che cosa ci può far sperare in futuro, su che cosa ci appoggiamo? Sulla Parola. Sulla forza stessa della Parola. Questa Parola accoglietela docilmente perché può salvare la vostra vita”. Il vescovo Valerio Lazzeri ha sottolineato così il centenario dell’Unione femminile durante la celebrazione della messa a Camperio. Un intervento che ha posto la Parola di Dio al centro della riflessione che ha tratto spunto dalla lettera di san Giacomo (Gc 1,17-27) proposta dalla liturgia del giorno. Una Parola “piantata che cerca un terreno favorevole per svilupparsi ma in qualche modo non si interessa troppo al terreno, non porta con sé il terreno. Una Parola piantata – ha spiegato il vescovo – che evoca la generazione, l’essere generato dentro. La Parola non semplicemente scende dal Cielo e cerca un punto d’appoggio, un punto d’aggancio sulla Terra: cerca un luogo dove dirsi. Potremmo tradurre questo verbo come ‘rendere naturale’, ‘innestare nel profondo’ questa Parola, fare in modo che questa Parola si dica attraverso la nostra terra, attraverso la nostra umanità”. 

Un riferimento all’Unione femminile, il vescovo lo ha offerto sottolineando che “c’è qualcosa di profondamente legato al mistero della donna, perché davvero c’è questa cura che è necessaria per rendersi conto di una vita che nasce da dentro. Le donne sono state le prime ad annunciare la risurrezione perché le ultime a rassegnarsi al lavoro della morte nel cuore degli uomini. Le ultime perché sanno che la vita è più forte, lo sanno corporalmente, perché hanno lo spazio interiore per accogliere la nuova vita e la portano dentro. 

È un’immagine che raccoglie un po’ tutto il discorso che viene fatto attraverso questa liturgia della Parola. Già la prima lettura – ha ricordato mons. Lazzeri – evoca qualcosa che non semplicemente deve essere applicato. Le leggi, le norme che Mosè insegna al popolo di Israele non sono semplicemente cose che devono essere applicate per creare un popolo obbediente e sottomesso. Ma anzi, le norme e le leggi, ci dice il Deuteronomio, sono fatte per creare un popolo intelligente, un popolo che suscita negli altri popoli la sensazione che qui davvero c’è una grande saggezza, una sapienza particolare. Ed è molto interessante questo perché la legge non l’associamo direttamente all’intelligenza. Perché una legge è una regola che bisogna osservare: c’è una regola, la si fa. Invece la legge del Signore, la Parola non cerca soltanto delle persone sottomesse, o che eseguono esteriormente cosa bisogna fare. Perché altrimenti si crea un popolo il cui cuore è lontano dalle labbra e le labbra sono lontane dal cuore, come dice Gesù riprendendo il profeta Isaia. No, Gesù vuole che tutta la nostra vita dica la Parola. Noi non siamo soltanto dei ripetitori della Parola, ma siamo coloro che l’accolgono docilmente perché possa dirsi in ciascuno in una maniera unica e irripetibile. E certamente si dirà in una maniera particolare in una donna rispetto all’uomo”. 

Il vescovo ha poi proseguito: “Certamente c’è una eco particolare in ciascuno di noi, e quello che siamo, la nostra storia, quello che ci caratterizza nel nostro corpo, è fatto per raccontare qualcosa di unico. Se fosse una parola che semplicemente cerca una terra neutra, la parola la trova, poi se ne va. La Parola invece vuole essere piantata nel nostro cuore, piantata nel nostro corpo, nel nostro essere, per poter prendere con sé il nostro essere e farne una lode di Dio. Perché noi siamo la primizia. Ogni dono perfetto, viene dall’alto, discende dal Padre creatore della luce. Ma perché ‘per sua volontà egli ci ha generati per mezzo della parola di verità’, generati da questa Parola, anche questo sentire è una gestazione. La Parola non è semplicemente un’esecuzione. È una gestazione, viene portata la Parola nel grembo dell’umanità, dal grembo della terra, perché questa gestazione nella sua primizia introduce il momento in cui tutta la creazione celebrerà come la sposa il suo sposo. Perché Dio vuole sposare la sua creazione. Ed è questa la meraviglia che noi annunciamo attraverso la morte e la risurrezione di Gesù Cristo”. 

“Ed è per questo che il dramma annunciato dal Vangelo di oggi è particolarmente grave. Gesù non ha mai speso parole particolarmente severe per quelli che non ce la fanno a osservare la legge. È molto severo invece per quelli che la osservano solo per i suoi aspetti esteriori riducendo la Parola ad una serie di prescrizioni, di tradizioni esteriori, depotenziandola, togliendole questa forza di fecondazione che è la storia umana. La Parola è grande e forte perché può portare la salvezza”. E riferendosi alla storia centenaria dell’Ufct ha proseguito: “È un elemento che deve essere raccolto oggi, mentre ricordiamo il passato, ricordiamo questi cento anni particolarmente luminosi di testimonianza femminile del Vangelo, li ricordiamo ma anche ci diciamo che cosa ci può far sperare in futuro, su che cosa ci appoggiamo? Siamo pochi, certo, ci sono i giovani – e siamo molto contenti che nell’Azione cattolica ci sia un gruppetto non tanto grande ma molto convinto di giovani che si impegnano, e io ho grande speranza in questo – ci siete voi che comunque continuate a camminare, a testimoniare, ma che cosa ci fa sperare? È la forza stessa della Parola. Questa Parola accoglietela docilmente perché può salvare la vostra vita. Ha una forza. 

Allora, vedete, noi dobbiamo davvero confidare, anche di fronte alle grandi difficoltà che ci troviamo davanti, in cui siamo immersi, difficoltà di ogni tipo, ai conflitti sociali, alle divisioni su cose che dovrebbero unirci, invece proprio di fronte alle difficoltà uno tira fuori la sua teoria. Ecco, che cosa ci può dare speranza? Ci dà speranza questo inizio sempre possibile, quando noi ci accorgiamo dell’intenzione che ha la Parola. La Parola che è il Verbo del Padre, che è l’espressione profonda di Dio che vuole dirsi in noi, ecco questa Parola buona, vera con tutto il nostro essere, viviamo questo movimento di risposta, viviamo questa glorificazione di questo movimento di gioia che è capace di spezzare le dinamiche negative. Dinamiche che umiliano l’essere umano, realtà che ci tolgono il fiato perché vanno a colpire quello che è più prezioso nella vita umana: il grande mistero”.

Il vescovo Valerio ha poi concluso: “Chiediamo al Signore di tornare sempre a questa sorgente perché da dentro vengono i mali, ma questo vuol dire che tutto quello che ci circonda, tutto quello che esiste è buono perché creato. E noi, come da dentro possiamo stravolgere il senso delle cose, da dentro possiamo farne un capolavoro.

Qui, le nostre sorelle, le donne cattoliche, sorelle nel Signore, possano dare un aiuto, un contributo per tutti. Certo, dobbiamo stare molto attenti anche noi, noi vescovi, noi preti, non siamo tanto abituati – lo riconosco anch’io per primo – a tener conto di questa dimensione. Non siamo sensibili. Che davvero questo centenario possa aiutarci. Lo mettiamo qui, sull’altare del Signore, dove il Signore ci viene incontro attraverso il suo corpo e il suo sangue. Mettiamo qui il nostro impegno a crescere, valorizzando ogni aspetto. È questo il senso quando gli ebrei mettevano una benedizione per ogni gesto quotidiano, lavare i piatti, fare i letti… c’è una preghiera per ogni cosa perché il Signore è così vicino, così intimo ad ogni istante della nostra vita, che ogni istante della nostra vita può essere fecondato e reso meraviglioso per questo sì che noi diciamo al Signore”.