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Il grande processo di innovazione di Papa Montini
Fu l’ideatore della giornata mondiale della pace, difensore della vita
È stata di Papa Paolo VI, l’8 dicembre 1968, l’idea di celebrare la giornata mondiale della pace.
Nel suo messaggio ha precisato che non voleva che fosse una ricorrenza solo cattolica, ma che “essa vorrebbe incontrare l’adesione di tutti i veri amici della pace, come fosse iniziativa loro propria, ed esprimersi in libere forme, congeniali all’indole particolare di quanti avvertono quanto bella e quanto importante sia la consonanza d’ogni voce nel mondo per l’esaltazione di questo bene primario, che è la pace, nel vario concerto della moderna umanità”.
Ha sottolineato l’intenzione di “lanciare l’idea”, per diffondere la pace segno di verità, giustizia, libertà e amore, escludendo “la concezione di pacifismo come concezione vile e pigra della vita”.
Ma la nota distintiva l’ha lasciata nelle ultime righe del messaggio dove ha indicato come strada sicura per raggiungere l’obiettivo: la preghiera.
Da qui vorrei partire per accostarci alla figura di questo santo.
Le sue ultime parole che pronunciate prima di morire sono state quelle dell’incipit del Padre nostro “Pater noster qui es in coelis” e con queste ha lasciato la vita terrena. Era il 6 agosto 1978, giorno della Trasfigurazione.
Giovanni Battista Montini è nato il 26 settembre del 1897 in Italia a Concesio un paese del bresciano. Già da ragazzo manifesta il desiderio di diventare sacerdote, pur essendo di salute cagionevole.
Lo diventerà nel 1920. Per la celebrazione della prima Messa, al Santuario di Santa Maria delle Grazie a Brescia, userà la pianeta che era stata ricavata dal vestito da sposa della sua mamma. Da questo dettaglio si intravede in filigrana il continuum tra il sacramento del Matrimonio e quello dell’Ordine, segno di quella chiesa domestica, di cui tanto si parlerà negli anni a venire.
Dopo l’ordinazione sacerdotale studia a Roma Diritto civile e canonico, Filosofia e Lettere. In seguito, si laurea anche in Diritto canonico.
Per i suoi incarichi viene inviato alla Nunziatura di Varsavia, e dopo solo un anno alla Segreteria di Stato a Roma. Dal 1931 al 1937 è docente del corso di diplomazia pontifica all’Istituto Utriusque iuris dell’Apollinare.
È molto vicino all’Azione Cattolica, nonché alla FUCI, assistendo spiritualmente i giovani universitari. Il suo stile scevro da ogni ingiustizia e lontano da giochi di potere (siamo nel periodo fascista) lo ha, suo malgrado, fatto risultare non gradito a qualcuno, e quindi costretto a lasciare l’incarico, con enorme dispiacere di tanti giovani.
Nel 1937 diventa sostituto della Segreteria di Stato, quindi stretto collaboratore del Papa Pio XII.
Nel 1952 viene nominato Pro-segretario di Stato per gli affari Straordinari e nel 1954 Arcivescovo di Milano.
Sicuramente nella vita di ogni persona, e ancor più in quella di un santo, si può intravedere la mano di Dio che amabilmente conduce. Forse il trasferimento da Roma a Milano, pur con un incarico importante, avrebbe potuto significare una sorta di “promoveatur ut amoveatur”. E forse lo era anche. Ma mons. Montini accettò, con obbedienza e fiducia in Dio e nella sua amata Chiesa, e partì a guidare la diocesi più grande del mondo.
Nel momento in cui venne eletto arcivescovo di Milano decise di non avere più denaro con sé. Un giorno trovandosi ad una Conferenza della San Vincenzo, al momento della raccolta di offerte per i poveri, lui non avendo soldi in tasca, fece scivolare nascostamente il suo anello episcopale, come contributo.
Nel 1963 divenne Papa e a lui spettò l’incombenza di aprire il secondo periodo del Concilio Vaticano II, iniziato dal suo predecessore Papa Giovanni XXIII, morto nel giugno di quell’anno.
Con discrezione, ma fermezza supervisionò i lavori delle commissioni, sapendo cogliere lo spirito di rinnovamento del Concilio, in cui si ritrovava pienamente, sempre associato ad un ossequio alla dottrina della Chiesa, evitando virate pericolose e devianti.
Era un uomo di grande spiritualità molto vicino allo stile monastico. Sembra che la sua decisione di entrare in seminario fosse stata presa dopo un ritiro, alquanto spartano, in un eremo (lui malaticcio dormì per una settimana su un giaciglio in una specie di legnaia, perché da laico non aveva accesso al convento!).
Uomo di studio e di lavoro: quando era alla segreteria di Stato al Vaticano, era solerte e preciso. Svolgeva quanto richiesto con zelo e puntualità.
Uomo di carità: sempre pronto a comprendere le debolezze altrui, mai si ergeva a giudice. La gentilezza era il suo tratto caratteristico, quasi a sembrare debole.
Era consapevole della grande chiamata ricevuta e della responsabilità: l’essere a tu per tu con l’Abisso, per poter entrare nella Luce per guidare la Chiesa: “Io e Dio. Il colloquio con Dio diventa pieno e incomunicabile”
Il suo pontificato si caratterizzò per la carica innovatrice: egli promosse varie riforme all’interno della Chiesa. Si aprì alle nuove forme di evangelizzazione. Fu il primo Papa ad usare l’aereo per i suoi numerosi viaggi (tra l’altro venne anche in Svizzera a Ginevra nel 1969 per visitare il Bureau International du travail e il consiglio Ecumenico delle Chiese)
Fra le varie encicliche che scrisse, particolarmente importante è stata l’“Humanae vitae”, pilastro della dottrina ecclesiale per la difesa della vita dal suo concepimento.
I due miracoli post mortem, che hanno portato al processo di canonizzazione, riguardano proprio due vite ancora in procinto di formarsi nel grembo materno.
La prima storia è di una famiglia americana. Una giovane mamma, durante gli esami prenatali di routine, scopre che il nascituro ha gravi problemi renali e contemporaneamente si nota l’assenza di liquido amniotico. I medici mettono la coppia di fronte alla probabilità del triste futuro del bimbo, con la morte quasi certa dopo la nascita o il perdurare ed aggravarsi delle problematiche renali e polmonari. Una soluzione prospettata avrebbe potuto essere l’interruzione volontaria della gravidanza. I genitori si oppongono a tale proposta. La famiglia conosce suor Liliana, che era venuta a contatto a suo tempo col cardinale Montini. Questa religiosa porta alla famiglia l’immaginetta del Papa. Con i diretti interessati e tante altre persone inizia a pregare, chiedendo espressamente l’intercessione di Papa Paolo VI. Alcune settimane dopo, gli esami prenatali paiono modificarsi, e quando il bimbo nasce nel 2001 non presenta patologie renali o respiratorie. Il medico non poteva affermare di essere di fronte ad un prodigio, ma ha potuto solo dire.” Non ho mai visto un simile cambiamento”.
Dopo la beatificazione, avvenuta con l’approvazione di tale evento miracoloso, andiamo a conoscere l’altro miracolo che gli ha ottenuto la canonizzazione.
Siamo in Lombardia a pochi chilometri dal luogo di nascita del Beato. Una donna incinta dopo un esame prenatale ha delle perdite, che per i medici sono segno di gravi conseguenze per il feto. Infatti, pur stupendosi che il cuoricino continui a battere, consigliano alla coppia di procedere con l’aborto. Ma la decisione della donna, e poi seguitamente del marito, è quella di proseguire la gravidanza. Proprio in quei giorni veniva beatificato Papa Paolo VI per un miracolo per una situazione analoga. Ecco quindi che delle persone vicine alla coppia consigliano di chiedere la grazia al neo-beato. E così fanno recandosi anche al santuario di Santa Maria delle Grazie a Brescia. E finalmente dopo alcune settimane, il 25 dicembre del 2014, nasce Amanda Maria Paola. Nel corso dei mesi la bimba viene sottoposta a visite ed esami, ma risulta priva di qualsiasi patologia, e la sua crescita è regolare. Tutto ciò risulta inspiegabile dal punto vista scientifico!
La frase del santo che mi pare possa essere conclusiva è: “La vita è il vertice della Pace” (dal Messaggio per la giornata mondiale per la pace 1° Gennaio 1977).