Imprenditrice di carità per gli ultimi

Imprenditrice di carità per gli ultimi

Gianna Bernasconi: 54 anni di opera umanitaria in India


Nella quotidiana normalità di Riva San Vitale dell’Anno Domini 1937, in un raggelante febbraio, il giorno 22, vide la luce una bambina, figlia di Ines e Pio Bernasconi, alla quale fu dato il nome di Gianna. Una famiglia operosa, formata da due sorelle e due fratelli. Infanzia, adolescenza, gioventù trascorsero nel solco delle consolidate tradizioni della civiltà contadina: che equivale a dire serenità domestica, scuola, un’educazione ai doveri, al rispetto, scandita dalle campane che allora riuscivano a riunire il paese. Una fede imparata dentro casa e praticata nella chiesa parrocchiale, dove è veneratissimo il Beato Manfredo Settala, l’eremita della Montagna che tra gli altri prodigi compiuti trasformò pietre in pane. Casa, chiesa, lavoro: Gianna scelse non casualmente di fare l’infermiera. Si era ben abbeverata alle sorgenti della condivisione, della sensibilità, dell’altruismo. Voleva lenire le sofferenze del prossimo e in questa propensione incise parecchio l’impronta umanitaria e religiosa avuta dai genitori e dalla stessa comunità del paese, molto unito e forgiato da figure di arcipreti che hanno lasciato il segno. 

Salendo il corso dell’anagrafe, l’infermiera sentiva crescere dentro sé una vocazione grande, con orizzonti alti, che si spalancavano fin sulla lontanissima (allora) India. Non fu una decisione facile: ci pensò e ripensò, si consultò, poi eccola determinata a partire. Aveva la freschezza, gli slanci, il coraggio che è partner della forza per proiettarsi in un’avventura di cui non riusciva ancora a individuare nitidamente i contorni, ma che avvertiva come una vocazione incoercibile. 

Proviamo a immaginare questa che è poi diventata una straordinaria avventura umanitaria e di solidarietà anche nel nostro tempo, cioè 54 anni dopo, in piena modernità e con i collegamenti che hanno di fatto appiattito le distanze. Una giovane, cresciuta nella rassicurante solidità di un paese si invola su un aereo per Bombay. Nove ore in quota, chissà con quale stato d’animo. Quindi un altro volo di un’ora e 45 minuti verso Madras, poi ribattezzata Chennai, dove la chiamava il suo primo scalo nel nuovo futuro. Si fa in fretta a dire, ma consideriamo lo spaesamento: confrontata con una lingua nuova da apprendere e parlare (l’ostico “tamil”), dentro un termitaio umano, arruolata in un dispensario medico aperto 6 giorni su 7, in un gruppo di dieci persone, con un medico generalista e un’affluenza media di 250-300 persone in cerca di lenimento agli individuali problemi della salute.

Fu questa la pista di decollo per un atterraggio che l’avrebbe di lì a qualche anno portata di esperienza a diventare un’imprenditrice dinamica, inarrestabile, tutta protesa a sfornare iniziative, progetti, opere, strutture di ogni sorta, da asili nido a dispensari medici, da scuole di cucito a centri di accoglienza multiuso aperti per un delta che va dai profughi sciamati in India dalla Birmania, ora Myanmar, alle feste di nozze che in India riuniscono decine, anche centinaia di persone e hanno bisogno di un tetto, perché le distanze sono enormi. 

Gianna ha un cuore per tutto e per tutti. Impossibile un elenco completo e non si riesce neppure a tener dietro all’incessante prodigarsi di questa piccola grande pioniera impegnata da stelle a stelle per le molteplici cause degli ultimi, persone che non hanno niente, a volte neppure un marciapiede per la notte. Deve diventare “gigante” per muoversi negli sconfinati labirinti della burocrazia indiana. Lei, con l’agilità e la costanza di uno scricciolo, riesce dove uno desisterebbe a priori. Non sono scontate parole di circostanza, retorica d’uso per congedarsi da una benemerita grandiosa. A deporre per Gianna c’è una costellazione di punti luminosi che illuminano il cielo sopra la megalopoli Chennai (7,5 milioni di abitanti). Queste stelle, dal 1979, a 22 anni dal suo approdo nel subcontinente, si chiamano:

  • St. John’s Dispensary e Social Service a Erukkenchery (studio medico, sala d’attesa, sala per cura, sala per medicazioni).
  • A Vysarpadi, 6 sale multiuso, 3 asili nido, 2 scuole elementari. A quanti vogliono impegnarsi, Gianna offre l’opportunità di farsi una casa: devono solo dare il proprio lavoro, al resto pensa lei. In un solo quartiere, ne sorgono ben 150. Altre 60 spuntano a Poonjeri. In aggiunta: pompe elettriche per l’acqua e un pozzo che assicura l’erogazione per 6 villaggi. Un prodigio al quale si stenta a credere, ma è lì da vedere. E l’hanno visto sul posto diversi sostenitori dell’opera di Gianna, che vanno dall’Associazione Amici di Padre Mantovani a Lugano al Gruppo di Amici con sede a Riva San Vitale.
  • Dopo il devastante tsunami del 2004 (12 mila vittime dalla costa di Chennai fino a Velanganni), aiuti materiali e strutture sociali. Arrivano provvidenziali 60 mila fr. dalle parrocchie del Ticino, dal “Giornale del Popolo” e da Teleticino.
  • Nel 2006 prende forma una stella polare di nome Father Schlooz Memorial Hospital a Vanakambadi, a 5 ore da Chennai, con 40 posti letto per un grappolo di villaggi dove non c’è un’ombra di struttura sanitaria.
  • Ecco poi “Karunai Illam”, “Qui vive Dio”, una Casa che accoglie fino a 220 ospiti, da orfani a disabili, da sieropositivi a malati di aids, fino agli anziani colpiti da demenza senile.
  • Impossibile il dettaglio degli aiuti distribuiti negli infiniti “slums”, tutto all’insegna del suo motto: “Lavora con amore e con umiltà”.

La biografia dell’immenso spendersi giorno e notte, con pochi ritorni anche al suo paese d’origine (per non sottrarre mezzi preziosi alla causa dei poveri), è un lungo fiume che ha avuto uno smisurato estuario. Solo Dio ha il conto del bene che Gianna Bernasconi ha fatto in 54 anni di India. Il suo sogno era di morire laggiù: la precarietà della salute e il covid non lo hanno consentito ma da Riva il suo cuore ha continuato a battere ogni giorno per la sua Madras/Chennay, con preghiere e con dritte lungimiranti, grazie alle conquiste della tecnologia. 

Nel disegno di questa splendida imprenditrice di carità, mossa da un’incontenibile ansia di aiuto e di bene, è cresciuta una fucina di umanità incommensurabile, che continuerà a lavorare e a dare evidenze di Provvidenza. E il nome di Gianna resterà scolpito nella storia di Chennai. Lei, che ha sempre voluto essere “invisibile”, per donarsi meglio e di più…