Vedi l'ultimo numero
La sobrietà via di bellezza e felicità
Dal messaggio di San Giovanni Paolo II ai giovani nella Basilicata
Oggi voglio intrattenervi brevemente sulla quarta virtù cardinale: la temperanza, la sobrietà. San Paolo scriveva al suo discepolo Tito, da lui lasciato come Vescovo nella isola di Creta: “Esorta i giovani ad essere sobri” (Tt 2,6). Seguendo anch’io l’invito dell’Apostolo delle genti, vorrei premettere che gli atteggiamenti dell’uomo, provenienti dalle singole virtù cardinali, sono vicendevolmente interdipendenti e uniti. Non si può essere uomo veramente prudente, né autenticamente giusto, né realmente forte, se non si possiede la virtù della temperanza. Questa condiziona indirettamente tutte le altre virtù (…). “La temperanza è il denominatore comune di tutte le altre virtù”.
Potrebbe sembrare strano parlare della temperanza o della sobrietà a dei giovani e a degli adolescenti. Eppure, figli carissimi, questa virtù cardinale è necessaria in modo particolare a voi, che vi trovate nel periodo meraviglioso e delicato, in cui la vostra realtà biopsichica cresce fino a maturazione perfetta per essere capaci, fisicamente e spiritualmente, di affrontare le alterne vicende della vita nelle sue più svariate esigenze.
Temperante è colui che non abusa di cibi, di bevande, di piaceri; chi non beve smodatamente alcolici; chi non si priva della coscienza mediante l’uso di stupefacenti o di droghe. In noi possiamo immaginare un “io inferiore” e un “io superiore”.
Nel nostro “io inferiore” si esprime il nostro “corpo” con i suoi bisogni, i suoi desideri, le sue passioni di natura sensibile. La virtù della temperanza garantisce ad ogni uomo il dominio dell’io superiore” su quello “inferiore”. Si tratta, forse, in questo caso, di una umiliazione, di una menomazione per il nostro corpo? Al contrario! Questo dominio lo valorizza, lo esalta.
L’uomo temperante è colui che è padrone di sé stesso; colui nel quale le passioni non prendono il sopravvento sulla ragione, sulla volontà, e anche sul cuore. Comprendiamo pertanto come la virtù della temperanza sia indispensabile perché l’uomo sia pienamente uomo, perché il giovane sia autenticamente giovane. Il triste e avvilente spettacolo di un alcolizzato o di un drogato ci fa capire chiaramente come “essere uomo” significa, prima di ogni altra cosa, rispettare la propria dignità, cioè farsi guidare dalla virtù della temperanza. Dominare sé stessi, le proprie passioni, la sensualità, non significa per nulla diventare insensibili o indifferenti; la temperanza di cui parliamo è una virtù cristiana, che noi impariamo dall’insegnamento e dall’esempio di Gesù, e non dalla cosiddetta morale “stoica”.
La temperanza esige da ciascuno di noi una specifica umiltà riguardo ai doni, che Dio ha posto nella nostra natura umana. C’è l’umiltà del corpo” e quella “del cuore”. Questa umiltà è condizione necessaria per l’armonia interiore dell’uomo, per la sua interiore bellezza. Rifletteteci bene, voi giovani, che siete proprio nell’età in cui si tiene tanto ad essere belli o belle per piacere agli altri! Un giovane, una giovane debbono essere belli anzitutto e soprattutto interiormente. Senza tale bellezza interiore, tutti gli altri sforzi diretti solo al corpo non faranno – né di lui, né di lei – una persona veramente bella.
Ed io vi auguro, figli carissimi, di essere sempre raggianti di interiore bellezza!