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LA VOCAZIONE DEL LAICO
Costituire la Chiesa laddove viviamo
È una vera menzogna constatare che nel linguaggio comune si identifichi il “laico” come la persona che è staccata dalla Chiesa e dall’impostazione cristiana del modo di vivere. Laico, è vero, non è un prete, né un monaco, né un religioso. Essi sono guidati da una regola interna, alcuni in un grado di gerarchia, altri membri della Chiesa con una vocazione comunitaria come strada della loro santificazione.
In mezzo a loro vi sono i presbiteri che hanno una loro vocazione in quanto persone ordinate al ministero e alla celebrazione dei sacramenti. I presbiteri offrono a loro stessi e ai fedeli il Cristo nei segni sacramentali.
La dimensione individuale.
I fedeli laici sono tutti i battezzati che hanno ricevuto da Cristo la gioia di essere figli di Dio e, in questa reale verità, si uniscono a Cristo dentro lo stile di vita fatto dal luogo in cui vivono, dalla loro condizione di vita (celibi o sposati), dalla professione che esercitano e, ancora, dal modo con cui costruiscono la città terrena (autorità o comunque responsabili con il diritto di voto nel campo esecutivo, nel campo legislativo e nella dimensione giudiziaria).
Vivere da laici ha una ampiezza e una statura tale che essi costituiscono la Chiesa del Signore che annuncia il Vangelo e lo testimonia dentro lo stile di vita in cui vive. Il laico inoltre cerca la dimensione comunitaria nella propria famiglia, nella parrocchia, nel movimento che lo stimola ad aderire al Vangelo con una caratteristica particolare e un accento specifico definito dal fondatore del movimento. Ogni laico è annunciatore di Cristo in uno stile missionario che rispetta la libertà di ogni persona, la scelta religiosa di chi ha già compiuto una scelta e potrà proporre la bellezza di Cristo che integra ciò che potrebbe mancare nella professione di altre legioni. L’annuncio migliore del laico è sempre la sua testimonianza del Cristo nello stile di vita.
La dimensione comunitaria.
Per aver ricevuto la grazia del Battesimo ogni laico ha bisogno del presbitero per l’incontro sacramentale nel quale si unisce a Cristo e nel Quale trova la forza per le molteplici responsabilità che sente su di sé. Il laico ha bisogno del vescovo come pastore della porzione di territorio che è la Diocesi in cui vive. Nel legame con il presbitero e con il vescovo il laico si inserisce in una Chiesa preesistente a lui; in una storia della salvezza, in un territorio e in una nazione. Da ultimo il laico ha bisogno del Papa per la dimensione universale e cattolica della Chiesa una e santa.
In realtà il Concilio descrive la condizione secolare dei fedeli laici indicandola, anzitutto, come il luogo nel quale viene loro rivolta la chiamata di Dio: «Ivi sono da Dio chiamati»(33). Si tratta di un «luogo» presentato in termini dinamici: i fedeli laici «vivono nel secolo, cioè implicati in tutti e singoli gli impieghi e gli affari del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta»(34). Essi sono persone che vivono la vita normale nel mondo, studiano, lavorano, stabiliscono rapporti amicali, sociali, professionali, culturali, ecc. Il Concilio considera la loro condizione non semplicemente come un dato esteriore e ambientale, bensì come una realtà destinata a trovare in Gesù Cristo la pienezza del suo significato(35). Anzi afferma che «lo stesso Verbo incarnato volle essere partecipe della convivenza umana (…) Santificò le relazioni umane, innanzitutto quelle familiari, dalle quali traggono origine i rapporti sociali, volontariamente sottomettendosi alle leggi della sua patria. Volle condurre la vita di un lavoratore del suo tempo e della sua regione»(36).
Il «mondo» diventa così l’ambito e il mezzo della vocazione cristiana dei fedeli laici, perché esso stesso è destinato a glorificare Dio Padre in Cristo. Il Concilio può allora indicare il senso proprio e peculiare della vocazione divina rivolta ai fedeli laici. Non sono chiamati ad abbandonare la posizione ch’essi hanno nel mondo. Il Battesimo non li toglie affatto dal mondo, come rileva l’apostolo Paolo: «Ciascuno, fratelli, rimanga davanti a Dio in quella condizione in cui era quando è stato chiamato» (1 Cor 7, 24); ma affida loro una vocazione che riguarda proprio la situazione intramondana: i fedeli laici, infatti, «sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall’interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante l’esercizio della loro funzione propria e sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo a rendere visibile Cristo agli altri, principalmente con la testimonianza della loro vita e con il fulgore della fede, della speranza e della carità»(37). Così l’essere e l’agire nel mondo sono per i fedeli laici una realtà non solo antropologica e sociologica, ma anche e specificamente teologica ed ecclesiale. Nella loro situazione intramondana, infatti, Dio manifesta il suo disegno e comunica la particolare vocazione di «cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio»(38). (Christifideles laici N 15)
(…continua)