Lui sa cosa è buono per noi

Lui sa cosa è buono per noi

La Sapienza di Dio: dalla creazione al nostro vivere quotidiano


Qualche giorno fa mi è capitato di assistere ad una scena interessante. Il silenzio dell’aula è stato interrotto da un forte rumore, subito spiegato con una macchia di colore per terra: decine di perline colorate che correvano qua e là sul pavimento. Si era spezzato il cordoncino di un braccialetto che teneva insieme questi cerchietti colorati.

Quello che mi ha impressionato è che pochi minuti prima un ornamento carino era sfoggiato con allegria sul polso e poco dopo le perline avevano perso un senso, ed erano inutili, oltre a creare un potenziale pericolo per chi avrebbe potuto scivolarci sopra.

Questo concetto si può traslare metaforicamente anche nel percorso ecclesiale e comunitario.

Le piccole perle di una collana siamo noi: unite formiamo un abbellimento sia per chi le indossa che per chi le guarda.  Ma se perdiamo l’unità, “perdendo il filo” o addirittura tagliandolo, allora diventiamo “schegge impazzite”, non solo ci priviamo della bellezza globale, ma ci allontaniamo anche dal significato del cammino insieme. Ci escludiamo dall’amore di Dio e dal suo sapiente ordine. Lui sa cosa è buono per noi.

Mi risuona nella mente il racconto della creazione nel libro della Genesi al capitolo 1. Un ordine preciso di una progressione creativa: la separazione della luce dalle tenebre, poi da quella delle acque con la creazione del cielo e della terra, il successivo dar vita alle piante e agli alberi da frutto, poi la nascita del sole e della luna e l’avvio delle stagioni, e quindi l’avvento degli invertebrati, dei vertebrati e infine dell’uomo e della donna, fatti a sua immagine! Quale bellezza e sapienza!

E come non contemplare questo scandire del passare dei giorni, uno dopo l’altro, in perfetta sintonia, sembrando quasi di sentire un ticchettio di orologio.

Nello schema biblico mi ha sempre affascinato la ripetitività con la caratteristica: “e fu sera e fu mattina” (Genesi 1,5.8.13.19.23.31).

La notte abbraccia l’alba e crea in perfetta armonia e simbiosi il giorno. 

Quale mistero profondo sta racchiuso in questa mirabile successione. Si chiude un giorno che ha già in sé l’embrione di quello che verrà. Tutto però come una sinfonia, ottimamente orchestrata. 

Viceversa come può diventare preoccupante quando questo schema subisce uno sconvolgimento. Penso ad esempio al racconto biblico delle piaghe d’Egitto, quando con la nona piaga le tenebre hanno avvolto il giorno, e la luce non spuntava.

Mosè stese la mano verso il cielo: vennero dense tenebre su tutto il paese d’Egitto, per tre giorni. Non si vedevano più l’un l’altro e per tre giorni nessuno si poté muovere dal suo posto. Ma per tutti gli Israeliti vi era luce là dove abitavano” (Esodo 10,23).

Quando alteriamo l’ordine soprannaturale, ma anche quello naturale, allora le tenebre prendono il sopravvento e ci accecano. Perdiamo anche il dono di vedere l’altro, ci chiudiamo in un solipsismo che ci porta all’immobilismo e infine all’autodistruzione. 

Solo alla luce di Dio vediamo chi siamo, riconoscendo l’altro come una parte del disegno divino, diventando co-edificatori del suo Regno. San Paolo nelle sue lettere alla comunità di Corinto scrive: “Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete il campo, l’edificio di Dio” (1Corinzi 3, 9) e ancora: “E poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio” (2 Corinzi 6,1).

Abbiamo una grande responsabilità, che è allo stesso tempo un incommensurabile dono: essere chiamati come protagonisti nella storia di salvezza, dove ognuno con il suo personale, unico e insostituibile contributo partecipa all’edificazione del regno di Dio, continuando l’ordine della creazione.