Maradona, Francesco e il Natale

Maradona, Francesco e il Natale

Il vangelo della condivisione


Papa Francesco, Maradona, il Natale. Devo dichiarare qualche cosa che mi farà perdere la simpatia di molti: non ho mai amato, non amo il calcio; mi annoiano le discussioni tra sostenitori di un o dell’altra squadra; sono disgustato delle cifre che circolano in questo mondo, che si vorrebbe sportivo! Mi sono…confessato, ma incapace di cambiamento!

I giornali l’hanno annunciato, anche se poi la notizia è quasi comparsa: nell’anniversario della morte di Maradona, papa Francesco celebra l’eucaristia nel ricordo del calciatore, addirittura in San Pietro.

Papa Francesco continua a sorprenderci. Maradona è argentino, un connazionale di Bergoglio. Ma credo si possa e si debba interpretare più in profondità il gesto liturgico di Francesco, ed è possibile, leggerlo nel contesto di tutto il suo agire. In dicembre ritorna all’isola di Cipro e in Grecia e porterà nel ritorno alcuni profughi, esiliati, uomini, donne, bambini in fuga, che hanno sfidato il mare. È un gesto che non risolve il problema, ma simbolico e concreto nello stesso tempo: grida che non si possono chiudere gli occhi, che tutti siamo responsabili di questo enorme esodo di poveri!

Maradona, Francesco, i poveri: quale il legame? Uno dei documenti del Vaticano II (la costituzione Gaudium et Spes) proclama che la Chiesa partecipa alle gioie e speranze, ai dolori e sofferenze di tutta l’umanità. Credo che si possa pensare e dire che tutto l’agire di papa Francesco è un operare fedele alla parola del concilio, ma ancora di più della parola di Gesù nei vangeli. Andare incontro agli altri, accogliere chi è nella difficoltà e nella sofferenza, superare e così abbattere i muri che dividono. Cioè: compatire, una parola che, se presa nel significato originario, significa condividere la sofferenza, e cioè identificarsi concretamente con l’altro e la sua sofferenza. Francesco parla di “fratelli tutti”, e poi di una terra, anzi di tutto il creato, da rispettare, amare, curare. Quando leggo, in scritti che lo contestano, che papa Francesco non annuncia Gesù Cristo non riesco a capire. Perché sempre il suo discorso è evangelico, attualizzazione per oggi, per le crisi di oggi, della parola di Gesù.

Non abbiamo perso il filo, perché all’inizio è stato nominato il Natale, non solo perché è una delle grandi feste (in cui spesso si dice, un poco ipocritamente, che ci fa essere tutti più buoni!), ma perché l’evento celebrato è un continuo richiamo per tutti quelli che si riconoscono discepoli del bambino nato a Betlemme. È il figlio di Maria, il bambino accolto da Giuseppe. Ma è anche l’Emanuele, il Dio con noi. Il Verbo eterno che si fa nostro fratello. Questa non è una poetica affermazione, ma la realtà alla base della fede cristiana. Il Nuovo Testamento lo ripete: si è fatto in tutto simile a noi, eccetto il peccato. Si è fatto nostro fratello, condividendo tutta la condizione umana, gioie e sofferenze. Alcuni testi antichi dimenticano questa dimensione (qualche autore si chiedeva se Gesù avesse riso!). 

Francesco e Maradona, Francesco e i miseri senza terra che incontra: è puro vangelo, condividere gioie e dolori, portare assieme conquiste (anche quelle di Maradona!) e anche miserie. Come Gesù.