Marcello Candia: imprenditore di Dio

Marcello Candia: imprenditore di Dio

Una vita spesa al servizio dei più poveri


“Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Matteo 10,8): sicuramente Marcello Candia ha saputo offrire agli altri ciò che la Provvidenza gli aveva donato.

Mi piace immaginarlo con un cesto ricolmo di frutti che con generosità porge ad altri. Lui è grato di ciò che ha ricevuto dalla vita: la sua famiglia d’origine, i beni materiali, l’intelligenza, la fede… E il solo modo per far fruttificare ciò che ha ricevuto è condividerlo con altri, per farli felici, e così a loro volta perpetueranno il circolo virtuoso della gratitudine.

Come lui stesso diceva: “Io non sono nulla, sono solo un modesto strumento della Provvidenza”.

Ma chi era?

Marcello Candia è un milanese nato nel 1916 da una famiglia agiata. Cresce con sani valori, e soprattutto dalla mamma riceve un’educazione improntata ai valori religiosi. Lei lo porta con sé quando visita famiglie in difficoltà, e lui farà suo questo senso di fraternità.

Si laurea in chimica, biologia e farmacia. Affianca il padre nella fabbrica di acido carbonico, che aveva sedi in varie città. Successivamente ereditando “l’impero” è chiamato in prima persona a dirigere l’industria familiare (dal 1939 al 1964).

Nel 1937 approda in Brasile in crociera, viaggiando con ogni comfort. Ma s’imbatte nella vista delle favelas. Tornato alla sua vita di sempre in Lombardia, al fondo del cuore gli rimane il ricordo di ciò che ha visto. Viene a contatto con Mons. Pirovano, prete brianzolo, missionario in Brasile, con il quale nasce una forte amicizia e una grande collaborazione. 

Marcello continua ad amministrare la fabbrica, anche attraversando periodi difficili. Si trova infatti a gestire le conseguenze di un disastroso incendio, ma lui resiste, e grazie al suo sforzo permetterà ai suoi 150 operai di non perdere il lavoro. Quando finalmente riesce a risollevare le sorti dell’azienda, la vende ed è pronto a lasciare la sua terra per trasferirsi in Brasile. 

Non si sposa, affermando lui stesso che sarebbe stato egoistico pensare di costringere una moglie e dei figli in questa missione per il mondo.

A Macapà costruisce con i suoi proventi, e poi aiutato da centinaia di benefattori, un ospedale con 150 posti letto, che accoglierà 5000 malati all’anno. 

Come non fare un parallelo tra il numero degli operai che aveva in fabbrica con lo stesso numero dei posti letto? Sembra quasi un filo che lega la sua storia, un prima e un dopo che solo una Mano sapiente può unire.

Lui stesso ha detto: “Mi coinvolgo, lascio che la piena mi porti, sto dalla parte dei poveri, il mio posto diventa con loro.”

Nel 1975 dona l’ospedale ai Camilliani, come ulteriore gesto di generosità e di distacco dai beni terreni.

“Non si può condividere il Pane del cielo se non si condivide il pane della terra”.

Prima il cardinale di Milano G. B. Montini e poi lo stesso Papa Giovanni Paolo II (che tra l’altro andrà anche in quei luoghi) lo incoraggiano nell’opera che sta portando avanti, mentre lui dà vita ad un’altra struttura.

A Marituba, sempre nel nord est del Brasile, apre una casa per lebbrosi, ospitandone fino a 750, con il supporto di preti e suore, di cui lui stesso ha voluto l’insediamento.

La sua non è una semplice opera filantropica, ma è radicata nel Vangelo. Tutti i giorni Marcello dedica un’ora alla preghiera, adorazione, meditazione…per trovare la carica per affrontare la giornata.

“Prima la preghiera, poi qualsiasi attività fraterna e apostolica: questa è la forza fondamentale per l’annuncio della verità e la testimonianza dell’amore.”

Insieme alla costruzione di opere di misericordia corporale affianca la costruzione di due luoghi di preghiera: a Macapà un Piccolo Carmelo di santa Teresa del Bambin Gesù e a Marituba una casa di preghiera di Nostra Signora della Pace.

“Pregate per me, sono io che vi prego di pregare. I soldi, gli aiuti, le braccia, i ponti aerei, la decisione di farmi da retroterra per sostenermi vengono dopo. Tutto viene dopo la preghiera.”

La sua vita però non scorre sempre liscia, e senza intoppi. Ben rappresentata da un fiore che lui amava molto: la rosa. Gli piaceva attorniarsi da questi fiori, sia recisi che dipinti. La rosa con le spine potrebbe essere il simbolo della sua vita e della sua carità: profumata, ma con delle spine di sofferenza e di incomprensione.

Troverà sul suo cammino persone che lo criticheranno, che non lo capiranno, lo intralceranno, lo giudicheranno negativamente.

Ma questo non è una novità nel cammino di un cristiano….

Lui però mantiene il suo cuore aperto agli altri e alla carità, riconoscente per ciò che la Vita gli ha offerto e attento ai piccoli segni di gratitudine che trova sul suo cammino.

“…si vede palesemente che il Signore ci viene incontro. Io ho sempre trovato della gente grata. Devo anche aggiungere che io non l’ho certo fatto per questo. Non si devono sentire le cose che si fanno come una realizzazione di sé stessi. Inorridivo quando qualcuno mi diceva: lei costruendo l’ospedale si è realizzato. Io non volevo realizzarmi in niente. Le opere si fanno per amore di Dio, perché questo è motivo di vita su un piano di fede. Così mi sono comportato”.

A causa della sua infaticabile azione, il suo cuore ne risente, nel corso della vita ha avuto vari infarti ed è stato sottoposto a diversi interventi per by-pass coronarici. 

Ma sarà un altro il motivo che lo induce a rientrare a Milano, poiché si rende conto di star male. Qui viene repentinamente ricoverato in ospedale, dove gli viene diagnosticato un tumore, purtroppo già ad uno stadio molto avanzato, che nel giro di pochi giorni lo porterà alla morte. Era il 31 agosto 1983.

Nel 2014 Papa Francesco dopo tutto l’iter canonico, dichiara il servo di Dio Marcello Candia: Venerabile, riconoscendo ufficialmente l’eroicità delle sue virtù.

Ora chiediamo la sua intercessione per essere pronti come lui a spenderci per gli altri: “Un cristiano deve sacrificare la sua vita per un bene d’amore”..

… in attesa del riconoscimento di un miracolo per la sua beatificazione.