Ricevere un invito, non un’imposizione

Ricevere un invito, non un’imposizione

Intervista impossibile al giovane ricco


Perché un giorno sei andato da lui?

Non era come gli altri maestri che parlavano al popolo. L’avevo ascoltato e il suo messaggio mi aveva colpito. Era nuovo. Rimaneva fedele alla nostra grande tradizione e alla nostra alleanza con Dio, ma allo stesso tempo ti invitava ad andare oltre.

Oltre che cosa?

Oltre te stesso, oltre le tue abitudini, oltre quello che avevi sempre fatto e ritenuto giusto.

Cosa ritenevi giusto?

Osservare scrupolosamente la nostra legge, gli insegnamenti che da Mosè in avanti avevano guidato il nostro popolo.

Però gli hai posto una domanda chiara che andava oltre il tempo per sconfinare nell’eterno. Perché? 

Nel mio cuore avvertivo una tensione, che sfiorava l’infinito, per questo gli ho posto quella domanda.

Vuoi ripeterla?

Gli ho chiesto semplicemente cosa dovessi fare per avere in eredità la vita eterna.

La sua risposta, riferita all’osservanza dei comandamenti, mi tranquillizzava, mi faceva capire che forse ero sulla strada giusta.

Perché dici forse?

A certi livelli le nostre certezze possono divenire fragili, non più scontate. Questa fragilità però è positiva, perché invita ad andare avanti, di tappa in tappa, verso la pienezza.

Intendi parlare di conversione?

Stanno dentro il nostro cuore il desiderio e la forza della conversione, come una tensione che deve attraversare l’intera esistenza.

Però gli hai risposto che l’osservanza dei comandamenti già faceva parte del tuo vivere. Quindi il discorso era finito.

È vero, ma non ero soddisfatto, forse mi aspettavo qualcosa di più. Lui mi lesse nel cuore e mi diede quella risposta: «Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; e vieni! Seguimi!». (Luca 18, 22)

Quale fu la tua reazione?

Forse la sua risposta era quella che mi attendevo. Mi fece paura però e divenni triste.

Perché?

Pensai ai miei beni, alle mie ricchezze, a quello che possedevo, a mio padre, ai miei nonni. Capivo che non potevo abbandonare quello che loro mi avevano lasciato. Pensai anche ai miei cari che si appoggiavano sulle mie ricchezze.  Il suo sguardo era forte, penetrante, ti leggeva nel cuore. Quel maestro non era come gli altri: non ti imponeva, ti invitava. È più difficile rispondere di no ad un invito germogliato dall’amore, che opporsi ad una imposizione.

Così te ne sei andato. Lui cosa ti disse?

Nulla. Mi capiva e mi lasciava il tempo necessario perché quell’invito germogliasse lungo il mio cammino, come un fiore semplice e vero. Un fiore di campo, non coltivato in una serra. 

E dopo?

Certi inviti ti rimangono dentro per tutta la vita. Anche per questo era un vero maestro: ti invitava, senza importi nulla.  L’invito è vero quando, germogliando da un cuore che ama, ti entra in profondità. Rimane presente come una sentinella che veglia su di te.