Se fossimo noi i pionieri della rivoluzione ecologica?

Se fossimo noi i pionieri della rivoluzione ecologica?

Il ruolo delle comunità ecclesiali


Come può essere definita la Laudato si’? Una bella predica di papa Francesco sul creato? Un’ideale dichiarazione da condividere a livello mondiale con istituzioni e personalità? Oppure un progetto concreto, programmatico, per la salvaguardia della casa comune, con impegni precisi e tappe da rispettare, dove tutti e ciascuno sono garanti e responsabili della sua attuazione? 

L’accoglienza che questa lettera ha ricevuto è la prima grande sorpresa. Prima ancora che dai fedeli che partecipano alle nostre messe domenicali o frequentano il catechismo, questa enciclica è stata letta e accolta fuori dalla comunità ecclesiale. È stata citata da economisti, scienziati e premi Nobel in autorevoli congressi internazionali, in convegni di specialisti sul clima, in riunioni per la salvaguardia dell’ambiente, o ancora durante le manifestazioni dei giovani attivisti del movimento “Fridays for future” che tra i leader mondiali hanno salvato solo papa Francesco, considerandolo l’unico capo di Stato a non limitarsi ai soliti “bla bla bla…”.   

La seconda bella notizia, è che in alcune legislazioni, ci si sta dando da fare per metterla in atto, prefiggendosi la tutela dell’ambiente e della biodiversità. La stessa iniziativa economica privata – che è libera – non dovrà in futuro svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. 

Quali conseguenze, dunque, potrebbero essere innescate? Infinite: basta guardare fuori dalla porta di casa, al territorio che abitiamo. Alle strade e ai marciapiedi che percorriamo, ai campi che coltiviamo, alle montagne e al mare che ci circondano, e che chiedono rispetto da parte nostra e da parte delle nostre amministrazioni locali. 

Per il mondo dell’economia, le attività economiche dovrebbero essere, di fatto, subordinate alla salvaguardia dell’ambiente, cosa che, con i presupposti attuali, potrebbe apparire comunque utopica, soprattutto in un periodo di crisi energetica e di alti costi di prodotti petroliferi o riduzione di approvvigionamento di gas. Ma proprio questi problemi potrebbero trasformarsi in opportunità, progettando e producendo secondo quel criterio che papa Francesco definisce “ecologia economica”. 

Ma l’economia non la fanno soltanto gli imprenditori o le grandi multinazionali. Ciascuno di noi può contribuire con i propri consumi e i propri investimenti quando dobbiamo orientare gli acquisti, metter su casa o ristrutturarla. “Per esempio – è sempre il papa a parlare nella Laudato si’ – quando comunità di piccoli produttori optano per sistemi di produzione meno inquinanti, sostenendo un modello di vita, di felicità e di convivialità non consumistico. O quando la tecnica si orienta prioritariamente a risolvere i problemi concreti degli altri, con l’impegno di aiutarli a vivere con più dignità e meno sofferenze”. 

Ciò che è vero per l’economia, lo è anche per la società, nelle apparenti piccole cose delle comunità che abitiamo. Ci sono “associazioni che intervengono a favore del bene comune, difendendo l’ambiente naturale e urbano – ci ricorda Francesco –. Per esempio, si preoccupano di un luogo pubblico (un edificio, una fontana, un monumento abbandonato, un paesaggio, una piazza), per proteggere, risanare, migliorare o abbellire qualcosa che è di tutti. Intorno a loro si sviluppano o si recuperano legami e sorge un nuovo tessuto sociale locale. Così una comunità si libera dall’indifferenza consumistica. Questo vuol dire anche coltivare un’identità comune, una storia che si conserva e si trasmette. In tal modo ci si prende cura del mondo e della qualità della vita dei più poveri, con un senso di solidarietà che è allo stesso tempo consapevolezza di abitare una casa comune che Dio ci ha affidato”. In questo senso si può innescare un circolo virtuoso. Da queste apparenti piccole cose che impariamo a curare e a proteggere, cambiano la mentalità, la cultura, i rapporti sociali, lo sguardo col quale impariamo a gustare il bello e a condividerlo.  

Le stesse parrocchie potrebbero intervenire con la costruzione di nuovi edifici o il restauro di edifici esistenti tenendo in massimo conto l’utilizzo di materiali naturali e l’efficienza energetica. Che tradotto nella concretezza, significa pensare di installare pannelli solari sui tetti delle nostre chiese oppure utilizzare legno o calcestruzzo riciclato. Riuscite a immaginare cosa significa per tutti, se a iniziare questo processo è la Chiesa che testimonia anche con opere edilizie il messaggio di rinascita di un territorio pensato per il benessere delle donne e degli uomini che lo abitano?

È così che si formano le coscienze. E tutte le comunità cristiane hanno un ruolo importante da compiere in questa educazione, compresi i nostri seminari e le case religiose di formazione – sottolinea il papa nella sua lettera – dove si può educare ad un’austerità responsabile, alla contemplazione riconoscente del mondo, alla cura per la fragilità dei poveri e dell’ambiente. “Poiché grande è la posta in gioco, così come occorrono istituzioni dotate di potere per sanzionare gli attacchi all’ambiente, altrettanto abbiamo bisogno di controllarci e di educarci l’un l’altro”.