Vedi l'ultimo numero
“Tocca a me fare del mio meglio”
Dedicare la vita a chi più ne ha bisogno
La fede cristiana richiede di contribuire a rendere il mondo migliore. Diceva San Vincenzo De Paoli: “Se stai pregando e un povero ti chiama, lascia la preghiera e vai da lui. Il Dio che lasci è meno sicuro del Dio che trovi”.
Quanto lamentarci in questi giorni per le Chiese sempre più vuote, per le Messe meno seguite: perché non guardare piuttosto ai tanti gesti di accoglienza e cura organizzati spontaneamente nelle nostre parrocchie per i profughi ucraini? Perché non mettere la lente su un’iniziativa nata da un nostro giovane Sacerdote, l’”APE del cuore”, il mezzo che raccoglie beni alimentari e prodotti igienico-sanitari, e li distribuisce alle famiglie bisognose del mendrisiotto e del luganese?
E non dimentichiamo l’abnegazione del nostro personale sanitario e dei cappellani ospedalieri nell’assistere i malati durante la pandemia da Covid 19. Potremmo proseguire a lungo in quest’elenco, le associazioni di volontariato sono in costante aumento, in ambiti diversificati.
Siamo chiamati tutti, nei piccoli gesti, nei nostri contesti, a partecipare, ad assumerci la nostra parte di responsabilità. Don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele, afferma spesso che “non puoi considerarti cristiano se non impegni la tua vita per dare senso a chi ha più bisogno”.
I giovani hanno un fortissimo desiderio di essere come gli altri, di avere gli stessi diritti e gli stessi doveri; giustamente ci interrogano e ci giudicano. Quante volte mi sono sentita chiedere da un mio alunno: “Ma perché dovrei impegnarmi se il mio compagno viene promosso anche senza studiare…”. Difficile dare una risposta ultimativa. Io ci provavo con le parole di Don Primo Mazzolari, il Sacerdote il cui pensiero anticipò alcune delle istanze del Concilio Vaticano II; parole che io stessa di tanto in tanto ho necessità di rileggere quando la mia coscienza tende ad assopirsi in sterili critiche:
Ci impegniamo noi e non gli altri
Ci impegniamo noi e non gli altri.
Unicamente noi e non gli altri,
né chi sta in alto né chi sta in basso, né chi crede né chi non crede.
Ci impegniamo senza pretendere che altri s’impegnino,
con noi o per suo conto, come noi o in altro modo.
Ci impegniamo senza giudicare chi non s’impegna, senza accusare chi non s’impegna,
senza condannare chi non s’impegna, senza disimpegnarci perché altri non s’impegnano.
Ci impegniamo perché non potremmo non impegnarci.
C’è qualcuno o qualche cosa in noi, un istinto, una vocazione, una grazia, più forte di noi stessi.
Ci impegniamo per trovare un senso alla vita, a questa vita, alla nostra vita,
una ragione che non sia una delle tante ragioni,
che ben conosciamo e che non ci prendono il cuore.
Non si impone il senso etico con il dispotismo, lo si può solo far emergere con l’esempio, anche accompagnando i ragazzi nella conoscenza di persone che si spendono a favore della giustizia, del contrasto alla povertà, del rispetto della dignità di ogni essere umano. Un educatore deve raccogliere le parole e le storie di questi Maestri, come fa un cercatore di funghi, e al momento opportuno donarle ai ragazzi, per evitare che nel loro canestro finisca robaccia velenosa (e quanta ne gira!!!).
Non pretendo nulla dagli altri. Tocca a me fare del mio meglio.