Un “filo infinito” che lega le generazioni

Un “filo infinito” che lega le generazioni

In viaggio nelle abbazie dei Benedettini d’Europa


Siamo al mondo come pannelli solari, per intercettare felicità e irradiarla sugli altri. Perché gli stati d’animo si diffondono per contagio, e dunque se vogliamo rendere felici gli altri lo dobbiamo essere anzitutto noi stessi.

Questa è la vera abbondanza cui aspiriamo noi cristiani: ricaricarci di energia e gioia per condividerle con gli altri. Certo, mette un po’ a disagio scrivere di abbondanza oggi, quando giornali e siti on line ci parlano solo del suo contrario: carestie e devastazioni ambientali in tanti paesi del mondo, indigenza e povertà sempre più vicine a noi come effetto collaterale di questa pandemia che sembra non volerci lasciare. Ma sperimentiamo felicità a prescindere dai problemi, indipendentemente dalla quantità di beni, successi, like, soldi che possediamo: è la dimensione spirituale che riattiva la nostra bussola, che ci ricarica e ci consente di riorientarci.

Nel suo recente libro “Il filo infinito” lo scrittore e viaggiatore Paolo Rumiz fa parlare un amico filosofo: “Un tempo i vizi capitali erano otto, e l’ottavo era la tristezza. Il buon cristiano aveva il dovere della letizia.  La tristezza era un’offesa a Dio. Poi hanno abolito quel vizio; ci si illudeva, stupidamente, che la tristezza non influisse sul mondo…”. La gioia va cercata anche quando hai tutto e tutti contro; anche se tante cose ora sono un disastro, l’importante è che tu non sia un disastro!

Diceva lo scrittore francese Chateaubriand: “La vera felicità costa poco; se è cara, non è di buona qualità”; abbondanza non è avere tutto, perché l’uomo è una creatura costitutivamente incompiuta, nulla di finito può soddisfarci pienamente. 

E allora torniamo a “Il Filo infinito” cui si riferisce Rumiz: il filo è la forza spirituale delle radici cristiane, fatta di compassione e solidarietà, che più volte è riuscita a salvare la vecchia Europa. Si tratta di un filo invisibile che lega le generazioni di ieri a quelle di oggi, che abbiamo il compito di non spezzare, “non importa quanti gomitoli, quanta pazienza e quanto ostinato lavoro serviranno”.

Il reportage del viaggio compiuto da Rumiz nelle Abbazie dei Benedettini in tutta Europa comincia da Norcia, dove l’unica cosa intatta in mezzo alla distruzione del terremoto del 2016 era la statua di San Benedetto, oggi Patrono d’Europa, nato a Norcia nel 480 d. C. e fondatore del monachesimo occidentale, e passa anche da San Gallo, nell’antica Abbazia (dichiarata Patrimonio dell’umanità dall’Unesco) che rivela la parentela benedettina della nostra Svizzera. Proprio nel capoluogo dell’omonimo Cantone 14 secoli fa un monaco irlandese, San Gallo, fondò un monastero, che nel 747 adottò la Regola Benedettina dell’ORA ET LABORA, “Prega e lavora”. Furono i monasteri a salvare dalla distruzione delle incursioni barbariche la popolazione che fuggiva, e poi a salvare i testi del mondo classico, copiati a mano più volte sulle pergamene. 

Forse, accenna Rumiz, saranno i valori incarnati da San Benedetto a salvarci ancora una volta. Forse, saremo anche noi a contribuire alla salvezza del nostro mondo, se sapremo sin da ora irradiare la gioia di chi cerca ostinatamente le stelle cadenti della speranza.