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Un incontro fatto di luce, vita e speranza
Intervista impossibile al cieco nato
Cosa sai dirmi della tua vita?
Cosa posso dirti? Sono nato nella notte e sono rimasto nelle tenebre per tantissimi anni. Come nel nulla. Mi rimaneva solo un angolo di strada per tendere la mano e sopravvivere. Qualcuno ogni tanto mi aiutava: per compassione o forse per curiosità.
Eppure un giorno….
Era un giorno come tanti altri, senza attese e senza speranza ormai, sempre in quella notte che nemmeno lei aveva un volto. Eppure quel giorno, come hai detto tu, mi si avvicinò un uomo.
Com’era il suo volto?
Non posso dirtelo, non lo vidi. Sentii solo qualcosa sul mio volto. Avvertii però la sua voce, mi diceva di andare a lavarmi alla vicina fontana. Forse qualcuno mi avrà accompagnato.
Cosa pensavi, magari speravi…
La speranza non ha mai fatto parte del mio vivere, ma improvvisa e pure inattesa arrivò la luce. La prima cosa che vidi fu una manciata di fango che toglievo dal mio volto e forse finalmente anche dal cuore.
Cosa hai capito, cosa hai visto, cosa sentivi?
Compresi che il colore di un fiore è soave come il suo profumo. Mi incantai al volo di una rondine e ai disegni infiniti dei suoi voli. Mi accorsi che gli occhi degli uomini rivelano il cuore. Pure la manciata di fango che levavo dal mio volto aveva riflessi di sole. Per la prima volta nella mia vita e nel mio cuore sorridevo.
E poi cosa è capitato?
I capi dei farisei, che sempre m’avevano ritenuto un peccatore, un maledetto da Dio, mi fecero tante domande su chi mi aveva guarito.
Cosa rispondevi?
Che non lo sapevo, che anche se l’avessi incontrato non avrei potuto riconoscerlo, perché non l’avevo visto.
E loro?
Mi dissero molte cattiverie su quell’uomo. Affermarono che era un ubriacone, che gozzovigliava con miscredenti e peccatori, dissero persino di averlo visto con delle prostitute.
Cosa hai riposto?
Che non sapevo nulla di quell’uomo, ma con coraggio e con la gratitudine nel cuore dissi che se mi aveva guarito non poteva essere come dicevano loro. Quando poi affermai che forse era un profeta, mi cacciarono fuori come un malfattore qualsiasi. Vidi su quei volti cattiveria, odio e violenza. Così me ne andai. Fatti pochi passi però ritornai con coraggio e dissi loro queste sacrosante parole. Non può essere quello che dite voi, perché Dio non lo avrebbe ascoltato e io non sarei guarito. Solo uno che viene da Dio poteva guarirmi. Le loro facce divennero ancora più minacciose, sempre più cattive. Me ne andai, quasi fuggendo.
Dove?
Volevo trovare quell’uomo, gettarmi ai suoi piedi e dirgli che credevo in lui. La mia fede in lui diventava il mio grazie per avermi donato la luce, quella degli occhi, ma soprattutto quella del cuore.
L’hai incontrato e riconosciuto?
Temevo di non riuscirci. Fu lui però a venirmi vicino, a posare la sua mano sul mio cuore, come prima l’aveva posata sui miei occhi, aprendoli alla luce.
Cosa ti disse?
Nulla. Mi guardò e io mi inginocchiai a suoi piedi, il pianto che mi usciva dal cuore era un canto di gioia e di gratitudine. Il suo sguardo era forza e insieme dolcezza. Gli dissi queste parole: è povero il mio cuore, ma tu mi accetti come sono, io credo, nonostante la mia miseria. Era il mio grazie, profondo e sincero. E lui mi sorrise.