Un luogo per imparare ad ascoltarsi

Un luogo per imparare ad ascoltarsi

Il silenzio: una pratica caduta in disuso


Si fa presto a dire “ascoltare”, ma il verbo è esigente e richiede una predisposizione, un atteggiamento oggi poco diffusi, inclini come siamo un po’ tutti a parlare, a esprimere il nostro parere, più che sentire cos’hanno da proporre gli altri. Non solo non si ascolta volentieri, ma regna anche una confusione estesissima, quasi planetaria, perché viviamo quotidianamente, a ogni ora del giorno e della notte, voci di ogni genere e tonalità. Cori di voci, spesso stonate o senza alcuno spartito di riferimento, come invece in un coro è indispensabile, affinché l’armonia si trasformi in piacere per chi ascolta.

Spesso si è imbarazzati, disorientati dalla babele imperversante, e non si sa a chi dare ragione, dove trovare ancora il buon senso, l’essenzialità, la misura. Poi si arriva anche a eccessi da parte di molte persone, ma bisognerebbe chiedersi chi li crea. Se i cittadini fossero più ascoltati nelle loro legittime attese, magari anche contraddetti con pacatezza e rispetto quando sbagliano nei loro giudizi, si creerebbe quel dialogo misurato che oggi manca perché prevale il vociare, anche scomposto, sgangherato, rozzo in chi si arroga sempre la ragione.

Forse bisognerebbe riscoprire il silenzio perché è lì che nasce la parola e quindi la capacità e l’apprendimento dell’ascolto. Ho chiesto una volta a Suor Eliana, responsabile dell’eremo della Trasfigurazione a Collepino in Umbria, in cima ad una montagnetta sopra Spello, come riesca a conciliare realtà anche collegate ma ognuna con una sua area, come il silenzio, la parola e l’ascolto. Mi impose subito una riflessione con la sua risposta: “Il silenzio – disse – è il primo gradino per ascoltare la propria interiorità, esercizio oggi pochissimo praticato. Il silenzio è rinuncia a tutto ciò che è superfluo, condizione necessaria per mettere nel giusto ordine i valori. L’opposto del silenzio è il rumore, che è disordine, distrae da una meta impegnativa come la fede”.

All’eremo di Collepino, da Suor Eliana e dalle sue consorelle, tornano a salire in molti ora che il covid ha attenuato i suoi colpi. C’è uno spazio per gli ospiti, piccole camere di grande austerità, dove chi arriva trova solo un Crocifisso e una Bibbia sul comodino.  “Il silenzio – mi spiegò – è la via principale che noi proponiamo ma non a parole. Il luogo, un’isola nel verde di prato e distesa di boschi, richiama al silenzio e la nostra stessa vita lo è. Chi viene qui condivide con noi la Liturgia delle Ore. Si inizia alle 6 con l’Ufficio delle Letture, seguito da un’ora di meditazione e preghiera personale, le Lodi, la colazione in silenzio, e, per chi vuole, la possibilità di svolgere dei lavoretti di manutenzione. Dopo il pranzo, il pomeriggio è tutto dedicato alla preghiera e al silenzio. Alle 17.30 abbiamo la Messa e i Vespri, alle 19 la cena e al giovedì c’è la possibilità di fare l’adorazione anche di notte. Si può parlare a pranzo e a cena”. 

Siamo talmente disabituati a un simile approccio che a qualcuno potrà anche sembrare improponibile e fuori dalla nostra idea di “normalità”. Dai riscontri che però giungono a Suor Eliana c’è la dimostrazione del contrario. In molti scrivono di aver ritrovato proprio a Collepino la riconciliazione con il silenzio, con la parola e con l’ascolto che è il loro “figlio”.

NOTA: Nella foto del titolo l’esterno dell’Eremo di Collepino