Il giogo dell’amore

Il giogo dell’amore

La testimonianza della coppia dei beati Beltrame – Quattrocchi


Quando studiai Diritto matrimoniale, nella terminologia di riferimento, veniva approfondito il significato di “coniugi”. Ordinariamente stava per “l’essere uniti nella buona e cattiva sorte” o tutt’al più con “congiungere”. Ricordo che mi aveva molto colpito la derivazione latina del termine “cum iugus”, cioè sotto lo stesso giogo. E quando la docente ci spiegava tale etimologia, mi pareva di vederli: marito e moglie vicini con il giogo sul collo come a spingere “l’aratro della vita”. L’immagine la trovavo molto efficace (e forse la mia mente allargava un po’ il concetto…): l’unità era condivisa con la fatica del quotidiano. Il vincolo diventava concretezza, era necessario procedere a pari passo per non intralciarsi, cercando la sintonia con l’andatura dell’altro.

Così è nella vita matrimoniale: meglio un passo alla volta in avanti insieme, che arrivare primi al traguardo da soli!

Il rischio di fughe in solitaria, o di rallentamenti o di deviazioni personali è sempre forte. Adattarsi al passo dell’altro/a e procedere all’unisono ha un qualcosa di prodigioso.

“Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita”. (Mt 11, 28-30)

Penso che sia l’impegno quotidiano per intraprendere il cammino di conversione e santificazione sia singolarmente che in coppia.

La coniugalità si esprime /si declina anche nella corresponsabilità. 

Nel miracolo dell’incontro c’è il germe della vita insieme. Attraversando le fasi che la psicologia e la psicanalisi ci insegnano, dall’innamoramento all’amore, si fa il salto di qualità solo con la spinta soprannaturale, a volte invocata altre sopraggiunta inaspettatamente. Si impara, lungo il corso della vita matrimoniale, a scegliere di amare, condividendo con il coniuge “il peso del giogo” che si manifesta in vario modo: dal problema di salute alla difficoltà economica; dall’educazione dei figli alle problematiche lavorative. E lungo il cammino è utile guardare a dei modelli che testimoniano la vita di santità. 

E quindi come non pensare alla prima coppia dichiarata beata dalla Chiesa cattolica, cioè i coniugi Beltrame- Quattrocchi?

La loro storia a me piace molto perché dalle biografie traspare un vissuto ordinario dove però si intravede la Luce di Dio.

Luigi Beltrame apparteneva ad una famiglia numerosa catanese, ma degli zii romani, senza prole, lo prendono in casa, dando anche il loro cognome, Quattrocchi. Studierà quindi a Roma, diventando avvocato. Molto giovane incontra Maria Corsini, figlia unica di una famiglia borghese di origini fiorentine, che sposerà a Roma nella Basilica di santa Maria Maggiore nel 1905.  I due condividono valori umani e principi religiosi. Nascono quindi nel 1906 Filippo, nel 1908 Stefania, nel 1909 Cesare.

Successivamente si presenta una nuova gravidanza che risulta rischiosa sia per la mamma che per il nascituro, tanto che dei luminari ginecologi avevano raccomandato alla coppia di interromperla per evitare conseguenze tragiche. I coniugi Beltrame-Quattrocchi però vogliono avere più fiducia in Dio che negli uomini e fanno una scelta diversa. Viene così alla luce nel 1914 Enrichetta (che ironia della sorte sarà la più longeva dei quattro fratelli).

La vita dei coniugi Beltrame – Quattrocchi è dedita alla famiglia, al lavoro (Luigi svolge la professione di avvocato con importanti incarichi, Maria scrive libri educativi) alimentandosi alla Fonte della Vita e della Sapienza, attraverso la partecipazione alla Messa quotidiana, la recita del rosario.

I figli crescono in tale contesto e in successione si consacreranno al Signore: Filippo diventerà don Tarcisio, Stefania prenderà il nome di suor Cecilia, Cesare sarà Padre Paolino; Enrichetta infine anche lei si consacrerà in modo laico.

Quindi tutti e quattro i figli si doneranno a Dio, seguendo le orme dei genitori, che hanno dato l’esempio di una vita santa nel matrimonio. Il loro amore traboccante usciva dalle mura domestiche per andare là dove c’era più bisogno. E soprattutto quando i figli hanno iniziato ad entrare nei vari ordini e congregazioni, loro essendo più liberi si sono ancor più dedicati al servizio degli altri. Risulta lungo l’elenco di opere buone a cui hanno preso parte (almeno in modo pubblico, senza dimenticare tutte le altre fatte ancor più nel silenzio!). 

Luigi collabora per un periodo con l’Azione Cattolica. Insieme ad un amico dà vita ad un oratorio festivo come punto di incontro pomeridiano per i ragazzi che ruotavano intorno alla Basilica di santa Prudenziana; esperienza che sfocerà nell’Associazione Scoutistica Cattolica Italiana, dove confluiranno anche i figli (e come non sottolineare che don Tarcisio sarà l’autore del canto “Al cader della giornata”, inno per il mondo scout!).

Luigi scrive:” Non dobbiamo nascondere i nostri sentimenti religiosi, dobbiamo professarli pubblicamente ma, prima di tutto e principalmente, dobbiamo farlo con le nostre opere. È con l’onestà e lo spirito cristiano che impregnano la nostra condotta nelle relazioni umane, con il disinteresse, l’amore per il prossimo, la carità vissuta e messa in pratica che noi facciamo professione di uomini che hanno delle convinzioni religiose”.

Maria da parte sua si è distinta in varie opere di volontariato: come crocerossina a curare i feriti della Prima guerra mondiale; come catechista per le donne in parrocchia; collabora con l’azione Cattolica ed entra nel Consiglio Centrale dell’Unione femminile Cattolica Italiana; nel 1945 partecipa all’opera Ristoro alla Stazione Termini; entra nel Movimento Fronte della famiglia, ed anche della Rinascita cristiana, scrivendo tra l’altro anche vari articoli su alcune riviste. 

Insieme i due coniugi partecipano all’Unitalsi, accompagnando i malati a Lourdes. E in altri periodi bui si sono prodigati per salvare Ebrei che fuggivano dalla persecuzione nazista e dalle leggi razziali.

La testimonianza dei coniugi Beltrame Quattrocchi, ha affermato San Giovanni Paolo II, è “una singolare conferma che il cammino di santità compiuto insieme, come coppia, è possibile, è bello, è straordinariamente fecondo ed è fondamentale per il bene della famiglia, della Chiesa e della società”.

Ecco che nel 1951 Luigi muore in seguito ad un infarto, ma per una coincidenza provvidenziale attorniato da tutti i suoi figli giunti a Roma. Maria vivrà ancora per altri 14 anni, sempre con la vicinanza di Enrichetta.

Il 21 ottobre 2001 Papa Giovanni Paolo II proclamerà beata la coppia, prima volta nella storia della Chiesa. Viene riconosciuto il miracolo, ottenuto per loro intercessione, in favore di Gilberto Grossi, che colpito da una malattia invalidante fino dall’età di dieci anni; fra l’incredulità dei medici, nonostante la malattia rimanga in tutta la sua gravità, conosce una completa remissione dei sintomi, grazie all’intercessione dei Beati, e può realizzare il suo sogno: diviene neurochirurgo, si sposa e conduce una vita normale.

I coniugi Beltrame Quattrocchi “sono un esempio per tutta la Chiesa”, ricordava il card. Camillo Ruini nel discorso da lui tenuto al processo di beatificazione svoltosi a Roma. “Non hanno fondato un ordine religioso, non sono andati in missione, in paesi lontani hanno semplicemente fatto il loro dovere e per questo sono diventati beati, vivendo in modo straordinario l’ordinarietà della vita”.

La Chiesa Cattolica li ricorda il 25 novembre. Ora sono custoditi nella cripta del Santuario del divino Amore a Roma.