Farsi specchio per l’altro

Farsi specchio per l’altro

Ci vogliono generosità, pazienza e.. un cuore


Tutto quello che so di me l’ho imparato ascoltando gli altri mentre parlavano di sé. Non possiamo conoscerci se non entrando in relazione con gli altri, percependo quanto siamo loro simili o quanto ci differenziamo: “Una sola voce non porta a termine nulla e nulla decide. Due voci sono il minimum della vita, il minimum dell’essere” (M. Bachtin)

Ma per ascoltare davvero, e non mentre consultiamo freneticamente lo smartphone o lasciamo correre il rumore interno dei nostri pensieri, occorre che ci facciamo “specchio” per l’altro, che ci predisponiamo con una “pulizia” interiore per accogliere il discorso di chi ci sta di fronte. Ascoltare davvero vuol dire incontrare un mondo diverso dal nostro, ed essere disposti a uscirne cambiati. 

Erich Fromm, il famoso filosofo e psicoanalista che concluse gli anni della sua vita nel 1980 a Muralto, affermava: “Quando due persone parlano tra loro, e nessuna delle due alla fine della conversazione è diversa da com’era all’inizio, significa che non hanno davvero parlato tra loro, significa che ha avuto luogo un mero scambio di parole…”.

Il filosofo greco Zenone (V sec. A. C.) diceva che l’uomo ha due orecchie e una sola bocca, per ascoltare di più e parlare di meno. Ciò è ancora più vero in un tempo come il nostro, in cui si prevarica con l’urlato, si cerca sempre di sopraffare, ci si è ridotti agli slogan e alle battute.

La pratica dell’ascolto è tutta da riscoprire. Ci vuole generosità per ascoltare veramente. L’adulto che si relaziona con gli adolescenti, sia egli un insegnante, un animatore parrocchiale, un allenatore sportivo, sa bene che i ragazzi non attendono altro che di essere ascoltati. Ascoltàti, non interrogàti! Troppo spesso cerchiamo ciò che non va bene negli altri per mascherare le parti di noi che non ci piacciono. Occorre invece scorgere in tutte le persone una parte di luminosità insopprimibile, solo così colui che abbiamo di fronte capisce che non siamo inquisitori o giudici severi, e il nostro cuore diventa un magnete, che attira a sé con dolcezza. La prima cosa che insegnavo ai miei alunni è che “Non c’è nulla di indicibile”. Si può dire tutto, per tutto c’è un rimedio, e per eventuali sbagli o colpe, se si è davvero pentiti, c’è il perdono. Solo un cuore puro può tenersi lontano da giudizi totalizzanti, ironie, minacce, e riconoscere nell’altro quella scintilla di Dio che è presente in tutti noi.

Non è facile ascoltare; non è facile acquisire un cuore puro. Si tratta, come diceva il missionario e mistico Fratel Arturo Paoli, “di una perfezione in cammino, sempre raggiunta e sempre lasciata indietro”. Si tratta di fare il lavoro dell’ostrica: quando viene ferita da qualcosa di estraneo, per proteggersi inizia a produrre la madreperla che avvolge l’impurità che è entrata in lei: alla fine si sarà formata una bella perla, lucente e pregiata. E se la perla non è sufficientemente bella, si ricomincia daccapo. Imparando a cogliere l’impronta di Dio in tutti i nostri simili, senza mai lasciarci ingabbiare dal pregiudizio o paralizzare dalla paura, purificando il nostro “orecchio interiore”.

Chi sa davvero ascoltare impara sempre qualcosa e, anche nella nebbia più fitta, sa cogliere interstizi di luce.