In esilio ma non con le mani in mano

In esilio ma non con le mani in mano

Gli internati polacchi nella Seconda guerra mondiale


Nella storia esistono pagine tristi che ricorrono lungo gli anni: i conflitti – specialmente quello in Ucraina – ancora oggi causano anche la fuga dei civili. Durante la Seconda guerra mondiale il Cantone Ticino accolse migliaia di rifugiati militari e civili appartenenti a svariate nazionalità. Sorsero circa 150 campi di diversa natura e grandezza per ospitare una massa di profughi sempre più variegata: campi di lavoro per i soldati, campi di smistamento e di convalescenza… Interessante ricordare la presenza di internati, ossia soldati facenti parte di armate sconfitte dai tedeschi e poi riparate in Svizzera. Nel giugno 1940 la Svizzera accolse il 45° corpo d’armata francese. Il Cantone Ticino ospitò inizialmente, dall’agosto 1940 al gennaio 1941, circa 800 militari. Nei primi mesi del 1941 il contingente francese fu rimpiazzato da un migliaio di soldati polacchi che dimorarono ininterrottamente in Ticino fino alla conclusione del conflitto. 

In questo numero di Spighe dedicato alla corresponsabilità questa vicenda ci permette di mettere in evidenza il contributo dei soldati polacchi alla società in tempo di guerra. Il governo ordinò l’impiego di questa preziosa manodopera per conto di patriziati o consorzi di varia natura per partecipare al programma di estensione delle superfici coltivabili. In particolare, eseguirono lavori sugli alpeggi e opere di bonifica (disboscamento e prosciugamento). Gli internati nonostante le enormi fatiche svolsero questi compiti con gratitudine verso la Patria di accoglienza. 

Tra le zone interessate dalla presenza degli internati si propongono due esempi. Sulla collina dell’Arbostora, sopra Morcote, gli internati eseguirono vasti lavori di bonifica sull’Alpe Vicania (660 m), costruendo pure la strada forestale che da Vico Morcote raggiungeva l’Alpe. Esiste una vasta scelta di itinerari escursionistici per raggiungere la zona: partendo da Carona si può fare un bel giro ad anello passando dal Parco San Grato; oppure si può allargare il percorso passando dalle chiese di Torello e della Madonna d’Ongero. Più impegnative la traversata partendo dal Monte San Salvatore o la salita da Morcote (272 m). 

L’altro itinerario riguarda la monumentale murata che collega il Sassariente (1767 m) alla Cima di Sassello (1899 m), due cime ben visibili dal Piano di Magadino. Largo poco meno di un metro e lungo oltre un chilometro, il muro fu edificato con pesanti lastre di pietra dagli internati polacchi. Un lavoro che ha quasi dell’incredibile! La murata probabilmente serviva per impedire al bestiame di oltrepassare il crinale della Val Porta. Si raggiunge il muro partendo dai Monti Motti (1061 m) o dai monti della Ganna salendo in auto da Gerra Piano. 

Altre zone del Cantone ospitano tracce di questi operosi profughi: Astano, Alpe Agra a Cademario, oppure la “Strada dei polacchi” tra Arcegno e Losone inaugurata nel 1942. Sulla roccia è visibile lo stemma della Polonia, l’Aquila Bianca.