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“Quelli che fanno passare la luce”
Beati i cristiani gioiosi
Da un racconto trovato in rete: “Una maestra di una scuola materna aveva portato la sua classe a visitare il duomo di Milano e raccontava le figure dei Santi sulle vetrate luminose. Qualche giorno dopo, in occasione della festa dei Santi, il parroco domanda ai bambini: “Chi sono i Santi?”. Prontamente un bambino risponde: “Sono quelli che fanno passare la luce”. La più bella definizione dei Santi che io abbia mai sentita l’ha detta quel bambino. Ogni volta che incontriamo una persona che ha luce negli occhi, che diffonde attorno a sé questa luce, non abbagliandoti ma illuminando la strada, quello è un Santo!”.
La stessa cosa si può dire per il cristiano: il cardinale Martini ci ricordava che il cristiano si distingue per le sue opere buone, ma “soprattutto per la gioia che sgorga dal suo intimo nel compierle”. Il volto di Gesù, ha ricordato più volte Papa Francesco, è delineato nelle Beatitudini del Vangelo di Matteo, che sono un apprendistato di felicità.
Beati i “poveri in spirito”: coloro che si affrancano da ogni pretesa di successo e sono liberi da progetti personali di superbia e vanità; coloro che non passano le giornate a sentirsi perennemente vittima di qualche sopruso e in credito con la vita, né hanno bisogno di mettere in cattiva luce gli altri per sentirsi migliori.
“Beati i miti”, la terza beatitudine, tocca il cuore del Discorso della Montagna. I miti sono le persone pazienti, quelli che non chiedono niente per sé, che sopportano le traversie della vita e le offese senza scoraggiarsi o sentirsi umiliati, che non si vendicano. Così San Paolo nella seconda lettera a Timoteo: “Un servo del Signore non deve essere litigioso, ma mite con tutti, capace di insegnare, paziente, dolce nel rimproverare quelli che gli si mettono contro, nella speranza che Dio conceda loro di convertirsi, perché riconoscano la verità”. La mitezza è mancanza del desiderio di nuocere, di uccidere, è nonviolenza. Dal fronte della seconda guerra mondiale lo scrittore Mario Rigoni Stern annotava: “Non esiste nemico, il nemico lo crea chi ha interesse che ci sia il nemico. Ma io non ho mai incontrato nemici, io ho incontrato il prossimo, anche in guerra, anche se ho sparato… Però non ho incontrato nemici; forse nemici erano quelli che ci hanno mandato in guerra”. E Dostoevskij, il più audace esploratore della mente umana nella storia letteraria, fa dire al suo personaggio padre Zosima nei Fratelli Karamazov: “Ama tutti, ama ogni cosa… L’inferno è la sofferenza di non poter amare più. Ama l’uomo anche nel peccato, giacché proprio questo è l’amore divino e la forma suprema dell’amore sulla terra”. Come se avere qualcuno da perdonare fosse ciò che più ci avvicina a Gesù.
Occorre scegliere l’amore anche quando ci ha fatto soffrire: chi ha sofferto ha già vinto!
Ed ecco la fine del racconto: “Io credo che ognuno di voi ha conosciuto questi Santi, non uomini e donne perfetti, ma persone vere, semplici, che stanno in ascolto della vita e sanno trasmetterti la bellezza di Dio, che sanno creare benessere, che trasmettono la gioia di vivere, che accarezzano le tue ali e ti invitano a spiccare il volo, le loro mani sono sempre aperte e senti il profumo dei loro gesti d’amore.”